ANCONA Come un’urgenza nell'urgenza. I numeri sono l’immagine plastica d’un sistema che viaggia al limite del sovraffollamento, per Susanna Contucci. La primaria del pronto soccorso di Torrette fissa la linea di demarcazione: «Venerdì scorso ci siamo assestati sui 150 passaggi registrati. È così da giorni». Disegna, con il garbo di sempre, l'andamento d’una curva che ha iniziato a impennarsi nel fine settimana di Pasqua.
Il ritmo
La spiegazione, per la responsabile del punto di prima emergenza di via Conca, va ricercata anche nella consuetudine che ritma le stagioni: «L’ora legale ha determinato questo andamento.
I parametri
È nel punto esatto di saturazione, tra il ricevere nuovi casi e la necessità di assorbire quelli con i parametri vitali compromessi, che scatta il piano della distribuzione dei pazienti, con i codici meno insidiosi, nei pronto soccorso della provincia, organizzati sotto l’ombrello della Ast2. «È una prassi – innalza le sponde di contenimento - da almeno una trentina d’anni. Sempre perché noi dobbiamo mantenere saldo il ruolo di riferimento per le situazioni più a rischio». Decomprime, la Contucci: «C’è un accordo con le altre strutture». La soluzione, per lei, è a monte: «Sarebbe opportuno che il territorio mettesse in atto un’azione di sbarramento». Tradotto: la selezione dell’afflusso dovrebbe avvenire a priori. Sul fronte del personale, non allenta del tutto la presa: «Nonostante i tre, quattro tipi di contratti che utilizziamo, abbiamo una pianta organica che risale a vent'anni fa». Dribbla il cortocircuito della sanità pubblica: «Noi qui non abbiamo né medici, né infermieri gettonisti, ma solo personale nostro, interno». La sua esigenza è quella di sempre: «Servirebbe un medico in più la notte. Nella giostra dei turni, significherebbe averne altri sei nell'organigramma». Non nega l’evidenza: «Comunque se il territorio non seleziona gli ingressi, è tutto inutile».
Le linee
Dalla pelle viva della corsia alle linee d’indirizzo del livello amministrativo, la sostanza non cambia. Il direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria Armando Gozzini rimarca la tesi: «Spostare i casi meno gravi altrove? Si è sempre fatto. Non è una strategia, bensì una prassi». Claudio Martini, la voce del direttore sanitario, rafforza il concetto: «Facciamo parte di una rete unica. Può capitare, per esigenze cliniche o per alleggerire giornate difficili da gestire. Dipende dalle contingenze». Passa il binomio: prassi consolidata.