Ci siamo giocati pure “Mary Poppins”. Fino a poche ore fa, l'ultimo capolavoro di cui Walt Disney seguì la lavorazione era il film perfetto per i bambini. Il Vento dell'Est e il Vento del Nord, Julie Andrews governante ideale, i pinguini e i piccioni e la Signora dei Piccioni, «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù» e «Chi ben comincia è a metà dell'opera», e le piccole pesti che diventano buonissime e la passeggiata sui tetti e tutti i problemi familiari risolti e il volo dell'aquilone. Quale film migliore per intrattenere i pargoli? E invece no. Contrordine. “Mary Poppins” non va bene per niente, lo ha stabilito la Bbc. È discriminatorio. Contiene una parola («ottentotti») con cui ai primi del Novecento si definiva una popolazione sudafricana e che nel film viene riferita agli spazzacamini, il volto annerito dalla fuliggine. «Abbiamo capito dalle nostre ricerche sul razzismo e sulla discriminazione che i genitori temono di esporre i bambini a linguaggio o comportamenti discriminatori». I bambini, visto il film, potrebbero ripetere «ottentotti» senza conoscerne il significato e ciò non costituirebbe occasione di spiegazione bensì, né più e né meno, una tragedia.
Dunque d’ora in avanti, perlomeno in Inghilterra ma pazientate e ci si arriverà anche noi, “Mary Poppins” non sarà più considerato un film per tutti ma una visione sconsigliata ai minori di 12 anni a meno che accanto al pargolo non sia presente un adulto che gli scassi le balle, rompa l'incanto della proiezione, per avvertirlo - subito, diamine! - che quella parola un tempo si usava e oggi non bisogna usarla più. Acciderbolina, quanto possono dirsi più civili gli inglesi, ora che hanno smascherato e neutralizzato il razzismo in “Mary Poppins”. Va da sé che non soltanto i piccini possono essere traviati dai film. Pure noi adulti rischiamo, in un paio d'ore appena, di diventar persone orribili, o di rimanere traumatizzati da non riprenderci mai. Fortuna che i più saggi fra noi, e diciamo pure i più evoluti, hanno trovato il rimedio: i disclaimer. Per lungo tempo ai film è stato allegato un solo disclaimer a mo’ di protezione legale: «Ogni riferimento a persone esistenti è puramente casuale». Poi si è aggiunto «Nessun animale è stato maltrattato durante la lavorazione».
Liste dettagliate, sotto cui si può leggere il (paradossale, tafazziano) consiglio a ripiegare su qualcos’altro, una puntata di “Don Matteo” dovrebbe andar bene e però non ci giurerei, e manco sui “Teletubbies” a ‘sto punto: Tinky-Winky sarà davvero così innocente, così innocuo? C’è un disclaimer per tutto, e per ognuno. «Immagini di ferite», «Nudità», «Nessuna nudità ma abiti che qualcosa indovini», «Sigaretta a ore 11 nella sequenza alla stazione», «Inclusività insufficiente», «Attività fisica quasi assente», «Dieta non salutare e nemmeno sostenibile», «Coppia sbilanciata», «Distanza di sicurezza non rispettata», «Non è borotalco», «Linguaggio inappropriato», «Linguaggio ancor meno appropriato del film che hai visto ieri: una bestemmia nitida e un'altra si intuisce», «Scarsa empatia e resilienza migliorabile», «Paracadutismo», «Mancata applicazione di rivestimento morbido sugli stipiti delle porte, il mignolo del piede destro ne paga le conseguenze». «Colla vinilica». Quando la moda disclaimer è deflagrata, un po’ ci ridevo e un po’ mi arrabbiavo. Ora sghignazzo e basta. Se qualcuno vuol passare la vita a metterci in guardia dall’arte, affari suoi, un’alzata di spalle e ce ne sbarazziamo. Se qualcuno lo offende pure “Mary Poppins”, si goda le fiction Rai, si goda i Teletubbies, Tinky-Winky è davvero un tenero piccino, mi scuso per aver adombrato il contrario. Saluta sempre: «Ciao ciao». (Lo sceneggiatore dei Teletubbies, che mestiere invidiabile, paginate di «ciao ciao» e di «oooh» di meraviglia. E ti pagano).
*Opinionista e critico cinematografico