Sacchi, applausi a Jesi: «Spalletti è come me. Negli anni '80 tra l'Ancona e il Parma ma fu decisiva mia moglie»

L'ex tecnico e ct ha presentato al Federico II il suo ultimo libro "Realista visionario"

Ciccioli, Sacchi e Laurenzi
Ciccioli, Sacchi e Laurenzi
di Peppe Gallozzi
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Mercoledì 10 Aprile 2024, 01:20 - Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 10:43
JESI Giacca blu, scarpe sportive e il sorriso stampato sul volto mentre stringe le mani dei presenti. Ha 78 anni Arrigo Sacchi ma nello spirito è quello di sempre. Ieri un altro bagno di folla, all’Hotel Federico II Jesi, in occasione della presentazione del suo libro "Il realista visionario". Il terzo scritto dal Profeta di Fusignano dopo Calcio Totale del 2015 e la Coppa degli Immortali del 2019.  


Marche, quanti ricordi


«È sempre bello tornare nelle Marche. Le squadre di questa ragione me le ricordo toniche, gagliarde, difficili da affrontare. Aneddoti? Due in particolare». Gli occhi dell’ex mister del Milan degli Immortali e della Nazionale si fanno lucidi: «Mi viene in mente il campo della Fermana, pieno di polvere, quasi impraticabile quando era bagnato. Una situazione del genere la trovai solo in Spagna contro l’Espanyol ai tempi del Milan. Poi l’Ancona, nel 1985 fui veramente vicino ai dorici. Il patron Longarini mi voleva ma alla fine scelsi Parma: fu decisiva la volontà di mia moglie». All’ombra del Conero tornò poi anche da Commissario tecnico dell’Italia nel 1993 come spettatore di un Ancona-Pescara terminata 5-3. Nel Delfino giocava un certo Massimiliano Allegri, in odore di Usa ‘94. Corsi e ricorsi storici. 


Il calcio di una volta


Nell’evento organizzato in collaborazione con i Milan Club di Jesi e Castelfidardo (condotto da Luigi Brecciaroli di Radio Arancia), insieme al direttore del Corriere Adriatico Giancarlo Laurenzi e a Carlo Ciccioli in rappresentanza della Regione Marche, si è parlato anche dell’evoluzione del calcio italiano.

Arrigo, come nel suo stile, non ha usato mezze misure: «Oggi si punta tutto sulla tattica, si aspetta solo l’errore dell’avversario. I padri fondatori inventarono il calcio come sport offensivo e di squadra, in Italia lo abbiamo trasformato in individuale e difensivo. Siamo al paradosso». Sugli allenatori, figure spesso ancor più mitizzate dei calciatori, la visione è chiara e lineare. Senza bisogno di ulteriori interpretazioni: «Il bravo allenatore è quello che dona un gioco, che aiuta i giocatori a diventare più bravi. Un regista aggiunto, nel vero senso della parola. Avete mai visto un film senza trama? Non si può lasciare il calcio all’improvvisazione».


La benedizione a Spalletti


A proposito di Marche e di Ancona, tanti anni fa - era la seconda parte della stagione 2001-2002 - passò da queste parti anche un certo Luciano Spalletti, attuale Ct azzurro dopo le dimissioni di Roberto Mancini, uno jesino doc per rimanere in tema: «Spalletti è come me, può fare bene. Mi rivedo tanto in lui, ma non è il solo. Apprezzo Sarri, Gasperini, Italiano e Pioli. Inzaghi sta per vincere lo Scudetto, si è evoluto. Permettetemi però di dire che in Champions League, contro l’Atletico Madrid, ha sbagliato. Le formazioni spagnole vanno aggredite, la sua Inter si è difesa troppo. Ma crescerà, ha intrapreso la strada giusta». 

 

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