Paolo Larici, presidente e direttore artistico del Centro Enriquez: «Come nella vita bisogna essere sempre pronti a entrare in scena»

Paolo Larici, presidente e direttore artistico del Centro Enriquez: «Come nella vita bisogna essere sempre pronti a entrare in scena»
​Paolo Larici, presidente e direttore artistico del Centro Enriquez: «Come nella vita bisogna essere sempre pronti a entrare in scena»
di Lucilla Niccolini
3 Minuti di Lettura
Domenica 27 Agosto 2023, 04:25 - Ultimo aggiornamento: 11:27

SIROLO - È una missione, quella di Paolo Larici, presidente e direttore artistico del Centro Studi Franco Enriquez: perpetuare, e far comprendere ai giovani, la lezione del grande regista. A Sirolo, che Enriquez aveva scelto, con l’amata Valeria Moriconi, come luogo d’elezione, buen retiro e ambiente d’ispirazione, Larici gli ha intitolato un premio, giunto alla 19esima edizione, che sarà assegnato la sera del 30 agosto, a conclusione della rassegna “Sipario aperto”.

Non solo teatro, Paolo Larici: il 5, apertura con un evento dedicato a don Milani; il 12, grande serata per ricordare il poeta Francesco Scarabicchi. Perché?
«Il teatro è da sempre polivalente, tutt’altro che a senso unico. Può contenere tutto perché, come sosteneva Enriquez, “in teatro tutto si sistema. La mia stessa vita è il teatro, dove si va sempre in scena, in qualunque momento. Come nella vita, devi essere sempre pronto a uscire sul palco, magari col fiatone. Quando il magico sipario si apre, devi esserci”. E ci sono tanti modi per “esserci”, per creare quella magia irripetibile».

Così quest’anno lei ha portato la poesia e l’educazione sul palcoscenico.
«E ha funzionato. Tanti giovani, alla rappresentazione che ha visto protagonisti gli attori Arianna Ninchi e Andrea Caimmi, interpreti di una sintesi del “Discorso per la lettera a una professoressa della scuola di Barbiana”, scritto da Franco Enriquez e Franco Cuomo, che fu presentato alla Biennale di Venezia del ‘68. A 100 anni dalla nascita, don Milani ha ancora molto da dire alle nuove generazioni. E poi, per Scarabicchi si è creata in sala, il 12, un’atmosfera di grande pathos, alle parole dei suoi amici poeti e di Massimo Raffaeli».

E ora, dopo le note magiche al piano di Massimo Germini, e l’“Iliade” rivisitata da Corrado D’Elia, domani sera “Sipario aperto” prosegue con “Il domatore” di Vittorio Franceschi. Un altro linguaggio.
«Il circo, come la prosa, va scomparendo, ovvero cambia faccia.

Va sostenuto e valorizzato, presso un pubblico che neanche lo conosce. Bisogna riscoprire la capacità di Franco di portare a teatro un pubblico impensabile, trasversale. Se non vuoi lasciar morire un genere, devi avere la capacità di trasformarlo».

È questo il principio che anima la scelta dei protagonisti del Premio Enriquez?
«Proprio così. Basta dare un’occhiata alla lista, da Filippo Timi, Michele Placido e Elena Mannini, la scenografa che ci ha affidato il suo prezioso archivio, a Giorgio Colangeli, interprete de “I due Papi” assieme a Mariano Rigillo, premiato anche in quanto direttore di Teatro Ciak. E poi Valter Malosti, che dirige Emilia Romagna Teatro; ancora, la Fondazione don Milani, l’Accademia Silvio D’Amico, Claudio Casadio, fondatore della compagnia Accademia Perduta, e Lorenzo Cicconi Massi, il vero erede, senigalliese come lui, di Mario Giacomelli».

Il 30, la serata di chiusura, dopo il concerto, martedì sera, del fisarmonicista Luciano Biondini. Al Teatro Cortesi: perché non in piazza?
«Perché il teatro è proprio il luogo deputato, dove riportare il pubblico giovane, per riappropriarci di una storia, dei suoi mestieri, che in pochi, ormai sanno ancora fare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA