Silvio Orlando con “La vita davanti a sé” a Recanati, San Severino e Pesaro: «Sono rimasto orfano da bambino e mi ha commosso il rapporto tra Mamò e la madre»

Silvio Orlando con “La vita davanti a sé” domani a Recanati, l’8 a San Severino e dal 9 al 12 a Pesaro «Io orfano, commosso dal rapporto tra Mamò e la madre»
Silvio Orlando con “La vita davanti a sé” domani a Recanati, l’8 a San Severino e dal 9 al 12 a Pesaro «Io orfano, commosso dal rapporto tra Mamò e la madre»
di Chiara Morini
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Lunedì 6 Marzo 2023, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 14:32
RECANATI - Tournée marchigiana per Silvio Orlando in “La vita davanti a sé”. Lo spettacolo, tratto dal romanzo di Romain Gary, sarà in scena al Persiani di Recanati domani, alle ore 21,30, al Feronia di San Severino Marche, l’8 marzo alle 20,45 e poi allo Sperimentale di Pesaro dal 9 al 12 marzo (feriali ore 21, domenica ore 17). La rappresentazione fa parte delle stagioni volute dai Comuni e dall’Amat. 
Silvio Orlando come mai l’ha colpita questo romanzo?
«Ho letto questa storia e sono rimasto sia commosso che divertito, mi ha preso in testa sul piano emozionale. E lì l’ho lasciato tre anni, ad “abitare” in me, prima di portarlo in scena». 
Il tema dell’inclusione tra culture diverse è molto attuale…
«È un tema naturale per la storia dell’umanità. In Italia lo scopriamo ora ed è positivo che siamo attrattivi, il problema grosso sarà quando non verranno più e dovremo emigrare noi. La storia dell’umanità è fatta di emigrazione e il tema è tragicamente naturale. L’accoglienza spetta alla politica, a teatro si raccontano le storie delle persone».
Come Mamò, bimbo arabo che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa: com’è il rapporto con sua madre? 
«Rosa è un’anziana ex prostituta ebrea che sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti di percorso” delle colleghe più giovani. Il legame con la madre è intimo e io, avendo una storia di assenza di mia madre, scomparsa quando ero bambino, ho voluto raccontare questo tema universale».
Perchè vedere lo spettacolo? 
«È nato piccolo, poi è esploso: la gente lo vede perché poi torna a casa allo stesso tempo sazia e affamata. Oltre alle due tematiche ce ne sono tante altre delle quali ancora non mi sono accorto. Fa bene al pubblico e al teatro per le emozioni».
Cosa ha il teatro in più rispetto agli altri spettacoli? 
«Sono un attore, faccio tutto, ma non posso fare a meno del teatro. Se immagino qualcosa da fare, lo penso a teatro, lì non ci sono mediazioni, chi vuol venire paga e viene. A teatro si capisce come sono e io capisco l’Italia, conoscendola durante le tournèe. Ma meglio ancora si capiscono le persone, la dialettica è bellissima».
Crede che lo spettacolo italiano debba fare di più? Se sì, cosa?
«Non ho dati, ma credo che il 70% degli italiani nasca e muoia senza essere entrato in un teatro. Si deve allargare la platea, ora è un club per amanti del teatro, che deve tornare a essere elemento di dibattito. Ora il teatro è forte in provincia, nelle grandi città sembra quasi superfluo. Bisognerebbe lavorare per rendere il pubblico più consapevole di quello che vede».
Il personaggio che ancora non ha interpretato e vorrebbe?
«Sono domande a piacere che mettono in crisi, perché ormai ho interpretato di tutto, dal prete al delinquente!». 
Il regista che le ha lasciato di più? 
«Ho lavorato sempre per più di un film con i registi, forse ricordo di più quelli con i film di successo. Il rapporto con il regista, però, è sempre strumentale, intimo e interno alla lavorazione dei film».
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