Luciano Ligabue: «Un album per fare i conti con questo decennio terribile di rabbia e disincanto»

L'intervista al rocker emiliano che il 22 settembre pubblica "Dedicato a noi". Da ottobre il tour.

Luciano Ligabue: «Un album per fare i conti con questo decennio terribile di rabbia e disincanto»
Luciano Ligabue: «Un album per fare i conti con questo decennio terribile di rabbia e disincanto»
di Rita Vecchio
9 Minuti di Lettura
Martedì 19 Settembre 2023, 09:05

Se è vero quello che scriveva Seneca, e cioè che la vita si divide in tre tempi, passato, presente e futuro, quella di Luciano Ligabue non è avulsa dalla massima latina. Per l’artista di Correggio, che il 22 settembre pubblica il nuovo album, ”Dedicato a noi” e che si appresta, come dice lui, a urlare nuovamente contro il cielo con una serie di concerti (al via dall’Arena di Verona il 9 e il 10 ottobre), il presente è una fotografia del qui e ora, il passato è l’abito dei ricordi, il futuro, invece, è "in costruzione". 

 

Ligabue, è la sua venticinquesima uscita discografica e si chiede se «ha ancora senso scrivere e pubblicare un album». Perché? 

«Perché credo sia una domanda che va di pari passo con la musica infinita che abbiamo a disposizione. Si contano 100mila canzoni al giorno e l’album che gira sui 50 minuti di ascolto, o di sottofondo, sembra fuori dal tempo. Ma anche se fuori moda, fuori posto o fuori dal tempo, io non so fare altrimenti. Non riesco a fotografare in una sola canzone il momento in cui mi trovo».

Così prende forma “Dedicato a noi”. Che disco è?

«Un disco in cui faccio i conti con il come stiamo. E’ l’inizio di un decennio terribile, il peggiore che io ricordi (sono del 1960 e di decenni ne ho visti sei). La pandemia, la guerra in Ucraina, le catastrofi climatiche, la cronaca nera, la generazione Z senza idea di futuro».

Il panorama non è rassicurante.

«Per nulla. L’isolamento individuale è cresciuto e la paura padroneggia, in una attualità in cui c’è bisogno, più che mai, di sentirci parte di un insieme che condivida valori, convinzioni e principi. Non è la prima volta che metto un “noi” nelle canzoni. Ma a differenza delle altre (e “Non è tempo per noi” è una di queste), il noi qui diventa ricompensa per quanto stiamo vivendo, è un riconoscimento per ciò che ci meritiamo. Ed è a quel “noi” che questo album è “dedicato”». 

Un cuore spaccato e una spirale di immagini. La copertina, ideata (oramai da consuetudine) da Paolo Di Francesco è la sintesi perfetta di un disco che nasce in tempi infausti?

«Un cuore sezionato e aperto, c’è vitalità e contemplazione. Il Paolino ha colto in pieno il messaggio dei brani, e quindi il mio stato d’animo. Lo ha preso alla lettera». 

Che significato ha per Ligabue “La parola 'amore'”? E oggi, visti i tempi di cui sopra, l’amore come sta?

«Amore è una parola usata tanto e, spesso, male. Le canzoni d’amore sono le più difficili da scrivere perché, come dico sempre, ce ne sono di miliardi. L’essere innamorati è una condizione dell’animo di apertura verso il mondo. Viviamo in un momento che volge nella rabbia, nella disillusione e nel disincanto. Io non ne resto indenne, ma continuo a credere in quella condizione di apertura che sconfina il racconto di una storia d’amore fine a sé stessa». 

Però "La metà della mela” è dedicata a sua moglie Barbara, no?

«Sì, ed è la canzone che emotivamente mi prende di più perché racconto il noi, il percorso di coppia, l’esserci trovati e il condividere due solitudini. Ci vuole fortuna a incontrarsi. E qui (scherza, ndr), potremmo scomodare il divino». 

Lei prega?

«Secondo me, sì».

Solitamente la risposta è secca. Sì o no?

«A modo mio, sono stato cattolico. Non sono più praticante, ma forse non si smette mai di esserlo del tutto. Credo in un’esistenza sopra di noi, credo nelle regole dell’universo. Ma per me credere è sinonimo di stare con il cuore nel posto giusto e fare le cose con onestà». 

C’è un brano, “Chissà se Dio si sente solo”, in cui si pone dei dubbi. 

«Ho provato a umanizzare la figura di Dio, forse per sentirlo più vicino. “Chissà se Dio si sente solo, se gli bastiamo, se gli manchiamo”. Sinceramente? Credo che da lassù non stia guardando un bello spettacolo». 

Il tempo si è guastato”? “C’è la campagna elettorale”… 

«”E io vado in campagna e basta”. Ebbene sì, l'ho scritto. La strofa era una battuta, ma vero è che agiamo nell’arretratezza culturale. Ci sono una condanna spaventosa al diverso, i femminicidi, la questione migranti, la diseguaglianza sociale, e potremmo continuare». 

Risale al 1999 la canzone per la guerra del Kosovo, “Il mio nome è mai più”, con Piero Pelù e Jovanotti. In “Niente piano B” c’è sì la guerra, ma ci sono anche le sofferenze del mondo moderno. Quanto è difficile cantare che “tra il fucile e le frontiere c’è amore a prima vista"? 

«Tanto, perché trovo inconcepibile che si risolvano le beghe attraverso le armi. E’ ostinarsi a viaggiare verso l’iceberg del Titanic, è prendere il fucile ogni volta che si traccia una linea di confine. Se il piano A non funziona, se non esiste alternativa, allora il vero piano B siamo noi». 

Possiamo definire questo disco politico? 

«Sicuramente è un disco empatico. Sento la sofferenza collettiva e provo a metterci un cerotto con il mio lavoro. Non fornisco risposte, ma almeno dichiaro i miei intenti contro questo scempio».

Prendere o lasciare. Ligabue ha più preso dalla vita o ha più lasciato andare? 

«Ha preso tanto perché, per fortuna, gli è stato offerto tanto. Ma ha anche lasciato andare». 

Cosa? 

«Il non avere accettato la proposta della casa discografica (Warner Music, ndr) di cantare in inglese per tentare il successo internazionale, per esempio. Mi sono divertito lo stesso suonando in giro per il mondo. Ma i miei testi li trovavo intraducibili e non volevo fare un torto a quello che avevo scritto». 

Ammira i Maneskin che cantano in inglese?

«A me era stato chiesto dopo i trentacinque anni.

Ho iniziato tardi a fare questo lavoro. Mi sembrava comunque troppo tardi provarci. I Maneskin hanno fatto benissimo. Sono contento per loro». 

Inquieto e irrequieto: anche questo album nasce dallo stesso stato d’animo del "born blue”, nato triste?

«Sì, credo sia una caratteristica che rompe un po’ i coglioni (diciamolo pure), ma che mi tiene attivo artisticamente». 

Luciano Ligabue e il figlio Lenny (ph. Maurizio Bresciani)

C’è anche suo figlio, Lenny che, dopo “Taca banda” e il finale di “La cattiva compagnia”, firma la batteria di tutto il disco. Lo possiamo dire? 

«Diciamolo. E’ stato arruolato da Fabrizio Barbacci, mio produttore storico, e questo non fa che deporre a suo favore essendo un notorio scassa balle. E io, dal canto mio, visto l’imbarazzo, gli ho lasciato libertà assoluta. La musica è un linguaggio, costruttivo anche nel rapporto padre - figlio. “Dedicato a noi” è l’album su cui ho lavorato più a lungo». 

Dentro “Una canzone senza tempo”, c’è Roma con difetti e incanti, c’è Totti alle pareti, il tassista, le famose buche e l’autobus che va a fuoco. Mancano solo i cinghiali. Come mai proprio la Capitale?

«Roma, la città eterna, dove si pensa che tutto si fermi, pure il tempo. E dove si respira un senso di immobilismo dall’alto di Monte Mario. Non c’era altra città migliore per esprimere il concetto di storia e di bellezza senza fine». 

Parla di immobilismo: troppe parole a scapito dei fatti? 

«Non lo so. Che ci stiamo parlando addosso, anche attraverso i social e una “manciata di  like”, è fuor di dubbio. Che i fatti siano pochi, lo è pure. Si dovrebbe fare di più, ma è pur vero che bisogna far quadrare mezzi ed economie con la volontà politica». 

Colpa delle istituzioni, di destra o sinistra che siano?

«Il quadro sociale è talmente complicato che diventa difficile l’azione di qualsiasi governo. Io mi sento più rappresentato da valori che non sono attualmente al governo, e questo si sa. La soluzione all’arretramento culturale, da cui bestialità come stupri e femminicidi, è radicata più di quanto pensiamo nel tessuto della stessa società moderna». 

Ligabue, pensa di essere stato più compreso o più frainteso nella vita?

«Credo di essere stato compreso da molti, ma anche di essere stato frainteso da tanti. Dopo il successo di “Buon compleanno Elvis”, ho capito che non bastava ciò che io dicessi perché contava più quello che di me si volesse vedere. Se eri timido e introverso, come lo sono io, diventavi per la gente il rocker che se la tirava. Immagini fuori controllo, che permettono agli altri di farsi l’idea che non c’entra niente con quello che sei. Ho avuto un periodo difficile. Alla fine, ci si convive, ma sono arrivato al limite del ritiro per questo». 

E cosa l’ha fermato?

«Il pensiero che non sarei potuto più salire su un palco». 

L’album inizia con “Così come sei” e andando a vedere come stanno il “lui e la lei” di “Salviamoci la pelle” che 30 anni fa sfidavano il destino pieno di sogni. Quei sogni, quei due, li hanno realizzati?

«Non si sa, ma stanno bene. Li ho visti salvarsi la pelle, scappando da un destino scritto e lo hanno fatto, non a caso, stando insieme». 

E il Liga, ha pareggiato i conti con i sogni? 

«Ho sicuramente realizzato sogni che non pensavo di avere. Girare film, scrivere  romanzi e salire su palchi meravigliosi. Volevo ricavare un mestiere dal mio rock, ma non potevo immaginare sarebbe andata così. Dopodiché, un irrequieto e un inquieto come me, non smette mai di fare sogni». 

Insomma, balla sempre sul mondo.

«Non potrei fare altrimenti. Ballo sul terreno che ho a disposizione, mentre il mondo continua a rotolare». 

Il 7 c'è anche qui con “Quel tanto che basta”. A parte la scaramanzia, dopo passato e presente, cosa c’è nel suo futuro?

«Non ho mai pensato troppo al domani. Non riesco a vedere più in là del 9 ottobre (data che non vedo l'ora arrivi) in cui comincia il tour. Se però parliamo di sensazioni, forse, dopo trent'anni "furiosi" in cui ho prodotto pure troppo, mi viene da pensare che terrò un po' più su il piedino dal gas».

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Questo il calendario del tour, prodotto e organizzato da Friends&Partners e Riservarossa: 

9 ottobre 2023: ARENA DI VERONA

10 ottobre 2023: ARENA DI VERONA

14 ottobre 2023: TORINO – PALA ALPITOUR

15 ottobre 2023: TORINO – PALA ALPITOUR 

17 ottobre 2023: FIRENZE – NELSON MANDELA FORUM

20 ottobre 2023: BOLOGNA – UNIPOL ARENA 

24 ottobre 2023: BRESCIA – BRIXIA FORUM

27 ottobre 2023: PADOVA – ARENA SPETTACOLI PADOVA FIERE PAD. 7

28 ottobre 2023: PADOVA – ARENA SPETTACOLI PADOVA FIERE PAD. 7

30 ottobre 2023: RIMINI – STADIUM

3 novembre 2023: ANCONA – PALA PROMETEO

4 novembre 2023: ANCONA – PALA PROMETEO

6 novembre 2023: PERUGIA – PALA BARTON

7 novembre 2023: PERUGIA – PALA BARTON

10 novembre 2023: MILANO – MEDIOLANUM FORUM 

11 novembre 2023: MILANO – MEDIOLANUM FORUM 

13 novembre 2023: GENOVA – STADIUM

14 novembre 2023: GENOVA – STADIUM

16 novembre 2023: LIVORNO – MODIGLIANI FORUM

18 novembre 2023: ROMA – PALAZZO DELLO SPORT 

19 novembre 2023: ROMA – PALAZZO DELLO SPORT 

21 novembre 2023: EBOLI – PALA SELE

22 novembre 2023: EBOLI – PALA SELE

24 novembre 2023: BARI – PALA FLORIO

25 novembre 2023: BARI – PALA FLORIO 

27 novembre 2023: REGGIO CALABRIA – PALASPORT 

28 novembre 2023: REGGIO CALABRIA – PALASPORT 

30 novembre 2023: MESSINA – PALARESCIFINA

1 dicembre 2023: MESSINA – PALARESCIFINA 

I biglietti sono disponibili su Ticketone.it e nelle prevendite abituali.

Per info: www.friendsandpartners.it / barmario.ligabue.com

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