Il marchigiano di Roma Max Giusti
lascia la Rai e fa Boom sulla Nove

Max Giusti al Federico II di Jesi
Max Giusti al Federico II di Jesi
di Stefano Fabrizi
3 Minuti di Lettura
Domenica 23 Ottobre 2016, 15:56
JESI - Max Giusti è stato ospite della festa aziendale della Logical System di Jesi che presso l’Hotel Federico II ha riunito oltre 300 imprenditori partner per festeggiare i 33 anni di attività. L’azienda leader nella realizzazione di software gestita da Filippo Moscatelli ha voluto organizzare un convegno ad hoc e una riuscitissima festa. Tra i presenti Paolo Notari (giornalista Rai), Roberto Sommella (editorialista economico del Corriere della Sera e di Huffington Post), Filippo Schittone (direttore di Confindustria Ancona), Antonio Mastrovincenzo (Regione Marche).

Disponibile e affabile. Come sempre. Il marchigiano di Roma Max Giusti è un fiume in piena. Gli occhi ti fissano per capire quale sarà la prossima domanda mentre scorrono velature di una sotterranea malinconia che le parole vorrebbe fugare. 

Epurazione, può essere il termine giusto per il suo allontanamento dalla Rai?
«Scherzi. Ma quando mai. Per i “pacchi” era un normale avvicendamento, mentre per “SuperMax” il mio progetto non coincideva con quello di Carlo Conti».
Quindi?
«Quindi… lasciamoci così senza rancore… (e sorride sardonico)».
Strano però: “Affari tuoi” e “SuperMax” avevano dati auditel ragguardevoli. Di solito squadra che vince non si cambia.
«In questo caso non direi. Io sono uscito, ma Barbarossa e Lillo e Greg (altri due format che vanno benissimo), sono finiti in orari (radiofonici) difficili. Sono scelte. Sicuramente c’è un disegno ben ponderato... (il sorriso diventa un ghigno)».
Ed ora l’approdo alla Nove con un access prime time: un game show dal titolo “Boom”.
«E con grande soddisfazione. Mi hanno voluto espressamente per condurre il gioco. Siamo partiti il 29 agosto con 50 puntate, ma visto il successo ottenuto il programma è stato confermato per altre 140 puntate. Quindi sono in continuo movimento tra Roma, dove abito, Milano per altre mie situazioni e Barcellona dove si registra la trasmissione. Mi sono rimesso in gioco in una nuova realtà in piena evoluzione. E per un artista è molto positivo. Sei costretto a crescere».
Teatro?
«In questo momento, non ci riesco fisicamente: mi servirebbero giornate da 30 ore… ed ho anche la famiglia che per me è sempre al primo posto. Comunque, ho pronto un nuovo show. Ne riparliamo ad anno nuovo».
Una curiosità. Con molta franchezza le dico che non mi piace “Affari tuoi”. Come spiega il successo?
«Gli italiani, ma in generale un po’ tutti, amano sognare. I “pacchi” ti fanno vivere una illusione: se trovi quello giusto vinci tanti soldi senza avere nessun tipo di abilità. Un “gratta e vinci” show. Poi ci sono modi diversi di condurlo. Io ho sempre cercato di far diventare protagonista il concorrente, altri preferisco essere loro al centro dell’attenzione».

Veniamo alle Marche. Un legame forte.
«Diamine. Sono nato a Roma, ma mio padre è di Monterubbiano e le vacanze estive le passavamo a Lido di Fermo. È lì che ho scoperto la bellezza del dialetto. Già ero, per così dire, duttile alle imitazioni e il fonderle con i dialetti è stata una trovata che a distanza di anni funziona ancora. Altri dialetti non hanno lo stesso effetto di quello fermano: tra li frichì che piagne e i cà che baia nun móciga il gioco è fatto».
E come le è venuto in mente di paragonare Sforzacosta (località di Macerata ndr) al Bronx.
«Era il periodo che andava di moda i rapper alle Eminem che parlavano di violenza ed emarginazione stando in comode case. Da qui far diventare una tranquillissima località marchigiana in una finta situazione di degenerazione sociale. Ha funzionato: ho fatto diventare famosa Sforzacosta».
Alla sua duttilità in molteplici campi anche quella di regista.
«Sì. Un favore al quale non potevo dire di no. Piero Massimo Macchini è un mio prozio e quando mi ha chiesto di firmare il suo spettacolo “ScherziAmo” è prevalso il più becero… clientelismo nonché nepotismo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA