Il debutto
Lo spettacolo è l’ormai nota storia di De Filippo, andata in scena per la prima volta al teatro Kursaal di Napoli nel 1931, alla quale si sono poi aggiunti due atti a comporre la versione conosciuta oggi. Lo spettacolo, che inizialmente era incentrato solo sul pranzo di Natale e sul dramma della gelosia che si consuma nella la storia, è stato poi modificato dall’autore, che ha spostato l’inizio a due giorni prima. La storia è poi divenuta nota al grande pubblico quando, registrata la commedia, la Rai l’ha mandata in onda nella sera di Natale del 1977: questo evento televisivo di fatto è stato la consacrazione come vero e proprio rito degli italiani, a proposito di teatro televisivo. Nella versione teatrale che sarà a Fermo e poi a Senigallia, dopo il debutto a Orvieto della settimana scorsa, Vincenzo Salemme cura la regia e ne è protagonista. Risale proprio al 1977 e a una pausa nella registrazione di questa commedia, l’incontro che portò Salemme a conoscere Eduardo. «L’ho conosciuto – ricorda – a Cinecittà, dove ero andato per tentare di fare la comparsa in una delle commedie che registrava per la Rai.
Il ricordo
Da quell’incontro sono passati 46 anni, durante i quali Salemme è riuscito a realizzarsi nella carriera che tutti conoscono, facendo l’attore a tempo pieno, scrivendo, ma soprattutto, ricorda, «avendo avuto il privilegio di lavorare con Eduardo nei suoi ultimi due anni di palcoscenico e poi di continuare a frequentare il suo magnifico teatro grazie ai 12 anni nella compagnia del figlio Luca». Da trent’anni Salemme scrive e mette in scena commedie o altri spettacoli che scrive lui, lavora nel cinema oltre che come attore anche come regista e sceneggiatore. Nessun cambio di passo, però, nel lavoro e nella mentalità di Salemme che, anzi, dice espressamente che «non mi ha mai lasciato quella voglia di tornare in quella casa anni ‘40 del ‘900, di sentire il clima del dopoguerra addolcito dal presepe». E ancora non gli è passata mai la «voglia di rivedere la potenza disperata di Concetta/Pupella e le sue lacrime di fronte al pericolo della disgregazione familiare e la voglia di abbracciare la tenera impotenza di Luca Cupiello di fronte alle promesse disilluse della vita. Per queste ragioni ho messo in scena questo capolavoro, facendolo come ho imparato a fare questo mestiere: con semplicità e amore».