Lucia Di Furia lascia: «Mai screzi con l'assessore. Ero stanca e loro volevano persone di piena fiducia»

Lucia Di Furia, per cinque anni a capo del servizio Salute della Regione Marche
Lucia Di Furia, per cinque anni a capo del servizio Salute della Regione Marche
di Andrea Taffi
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Giovedì 9 Dicembre 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 14:57

ANCONA - Lucia Di Furia, ex caposervizio servizio Salute della Regione Marche: come si sente dopo cinque anni di direzione attraversando sisma e pandemia?
«Sono grata dell’opportunità coinvolgente e unica che la Regione mi ha regalato. Dal primo giorno nel 2005 ho trovato persone meravigliose, non solo professionisti di grande spessore. Siamo rimasti a darci tutti del tu con i colleghi con la porta sempre aperta. Approfitto per ringraziarli tutti. I successi sono di squadra».


La fotografia dello choc del sisma.
«Predisporre nelle ore immediatamente successive un atto per garantire la possibilità a tutti i cittadini delle tre province devastate più un pezzo della provincia anconetana di avere l’esenzione ticket per andare a prendere i medicinali di cui erano rimasti sguarniti. Non avevano più niente, neanche il bancomat».

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Lei ha vissuto la fase della razionalizzazione della sanità, la legge Balduzzi, la chiusura degli ospedali, la stretta sui budget. Ora dobbiamo riportare la sanità sul territorio. Dov’è stato l’errore? 
«Noi tecnici regionali avevamo evidenziato da subito al ministero della necessità di fare contemporaneamente una revisione organizzativa territoriale.

Come ben sa siamo ancora in attesa del documento cosiddetto “DM 71”. Il piano socio sanitario regionale aveva dato molto spazio allo sviluppo della prevenzione e territorio. Poi il Covid ci ha rubato tutto. Ora è giusto riscrivere il nuovo piano». 


I Lea del 2019 ci consegnano le Marche al quinto posto in Italia eppure siamo difronte a problemi enormi come carenza dei medici e liste d’attesa fuori controllo: vuol dire che le nostre professionalità sono bravissime?
«Sì, sono orgogliosa del sistema sanitario regionale. Il merito è sempre dei professionisti che stanno in trincea. Da clinico oncologo prima e psichiatra dopo e ho imparato ben presto che la multidisciplinarità e la multi-professionalità sono il valore aggiunto per una buona sanità. La carenza dei medici è un problema di dimensioni nazionali. Anche questo segnalato dalle Regioni molto per tempo. Sulle liste di attesa tutte le regioni sono in difficoltà, bisogna recuperare ed è dura: pochi professionisti, per giunta stanchi».


Il tema della mobilità con saldo negativo è una grande ferita: dobbiamo rassegnarci?
«Il tema della mobilità passiva si affronta con gli accordi di confine. Abbiamo fatto diversi incontri con i colleghi della vicina Emilia Romagna per questo: doveva esserci una riduzione graduale attraverso il blocco della attività da parte della regione emiliana nei confronti dei privati da loro gestiti. L’accordo comportava una perdita di risorse per la regione confinante e accordi con i privati con un tetto cosa, peraltro prevista dalle norme e che la nostra regione ha fatto con il vicino Abruzzo, quindi non siamo riusciti a chiudere tecnicamente e lasciato il tema all’attenzione della politica. Parliamo sempre del periodo precovid. La mobilità passiva dalle regioni del sud verso le regioni del Nord è un problema nazionale, in parte culturale ad esempio quando i cittadini vanno a prendere prestazioni di bassa complessità sono illusi di trovare maggior qualità e questo non è sempre vero. Solo una regolamentazione di tipo nazionale può riportare in asse gradatamente la situazione. Diversa è la mobilità verso prestazioni di alta complessità ad esempio tumori rari dove l’expertise è concentrata a livello nazionale in una o due Aziende ospedaliere».


A posteriori caricarsi anche dell’interim della Ars non è stato un aggravio evitabile?
«No, anche quando non ho gestito direttamente l’Ars ho lavorato con tutti i colleghi che sono in Ars. La sanità non si può spezzare, il contatto è stato continuo, nelle emergenze anche giornaliero. Sono contenta che abbiano dato l’interim a collega Gozzini».


Si è favoleggiato sul suo rapporto difficile con Saltamartini: leggenda, mezza verità o normale dinamica di relazione tra un tecnico e un politico?
«Mai avuto screzi con l’assessore, persona molto seria e impegnata con un compito difficilissimo. La nuova giunta è entrata sul treno in corsa della seconda ondata pandemica».


Le dimissioni di cui nessuno sapeva niente ad agosto: gesto ponderato ma anche scocciato e/o stanco. Lettura corretta?
«Molta stanchezza accumulata negli anni e la consapevolezza che la politica deve scegliere le persone di cui ha piena fiducia».


La prima cosa che ha fatto dopo aver iniziato le ferie?
«Una tisana ed ho iniziato un libro molto bello di Valerie Perren».


Con Gozzini ha parlato?
«No, gli ho fatto avere il mio cellulare; ma lasciamolo respirare è appena arrivato. Gli faccio i migliori auguri, rinnovo disponibilità e piena collaborazione. Vorrei fare un appello ai cittadini: vaccinatevi».

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