Mobilità passiva, l'incubo della sanità delle Marche: in 10 anni persi 400 milioni

Mobilità passiva, l'incubo della sanità delle Marche: in 10 anni persi 400 milioni
Mobilità passiva, l'incubo della sanità delle Marche: in 10 anni persi 400 milioni
di Martina Marinangeli
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Lunedì 26 Giugno 2023, 07:22 - Ultimo aggiornamento: 10:26

ANCONA - L’assessore regionale Filippo Saltamartini l’ha definita «il tallone d’Achille della sanità marchigiana». E non a torto. La mobilità passiva ha drenato dalle casse del Sistema sanitario regionale oltre 400 milioni di euro in 10 anni. Cifra monster che avrebbe potuto essere investita nel potenziamento dei servizi ai cittadini ma che invece è andata a gonfiare le tasche di altre regioni, Emilia Romagna e Lombardia su tutte.

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La mobilità passiva ospedaliera ci è costata in media 114.028.858 euro l’anno tra il 2017 ed il 2021.

Soldi solo in parte recuperati con la mobilità attiva - peraltro in buona parte dovuta alle strutture private - lasciando un saldo negativo medio di circa 26 milioni di euro.

L’analisi

Se invece parliamo di mobilità passiva sanitaria in generale, la cifra sale a 152 milioni di euro di spesa media tra il 2017 e il 2021, con un saldo negativo medio di 41 milioni di euro. I dati del 2022 non sono ancora consolidati e sono in fase di analisi a livello nazionale, ma difficilmente emergerà un trend diverso rispetto ad una stortura che si ripete uguale a se stessa da almeno 10 anni. Come ricetta per invertire questa tendenza da incubo, il Piano socio sanitario 2023/2025 deliberato dalla giunta regionale - e che entro l’estate deve ricevere il via libera definitivo dell’assemblea legislativa - si propone di rendere la sanità sempre più territoriale, avvicinando i servizi al cittadino. Nell’attesa di vedere se la riorganizzazione del sistema sanitario messa in atto dalla Regione darà i suoi frutti, prendiamo in esame la mobilità ospedaliera, che da sola rappresenta oltre il 75% del totale. L’Emilia Romagna è, come noto, la regione a più alta capacità attrattiva: le sue strutture ospedaliere erogano circa il 50% dei ricoveri di residenti marchigiani che decidono di migrare oltreconfine per curarsi. Seguono la Lombardia con il 13% circa, l’Umbria e il Lazio con percentuali attorno all’8-9%. Nel Piano socio sanitario viene spiegato come la mobilità passiva sia ascrivibile nello specifico a casistiche di complessità medio-alta, relative in particolare all’area ortopedico-traumatologica - quella che più di tutte causa l’emorragia di pazienti dalle Marche alle altre regioni - e cardiologica interventistica. E le destinazioni non sono soltanto i territori a noi limitrofi. La Lombardia, per esempio, è la più scelta dai marchigiani per la cura di patologie rilevanti come la cardiologia interventistica. L’altra metà del cielo è rappresentata dalla mobilità attiva ospedaliera, che tra il 2017 e il 2021 ha fatto registrare un valore medio di 88 milioni di euro l’anno. Una quota attorno al 39% è riconducibile alle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie (pubbliche o private convenzionate) presenti nell’Ast2 di Ancona, a fronte di una quota del 4% riconducibile all’Ast 4 di Fermo. 

Il privato

Le altre Ast presentano un’incidenza intermedia, con valori più significativi in quella di Ascoli Piceno (32%) rispetto a Macerata (17%) e Pesaro (8%). Il contributo alla mobilità attiva viene soprattutto dalle strutture private - quindi il ritorno per il pubblico è parziale - in particolare per i ricoveri associati alle specialità di area ortopedico-traumatologica, neurologica e di chirurgia generale. Per l’area cardiologica interventistica, invece, il rilevante contributo alla mobilità attiva arriva dall’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche. Ma non basta a recuperare il saldo negativo, voragine nelle casse del bilancio sanitario regionale.

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