Sanità, l'assessore regionale Saltamartini: «Le precedenti giunte hanno dato troppo al privato. Procedura d'infrazione del Mef»

Sanità, l'assessore regionale Saltamartini: «Le precendenti giunte hanno dato troppo al privato. Procedura d'infrazione del Mef»
Sanità, l'assessore regionale Saltamartini: «Le precendenti giunte hanno dato troppo al privato. Procedura d'infrazione del Mef»
di Martina Marinangeli
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Domenica 25 Giugno 2023, 04:50 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 07:38

Filippo Saltamartini, assessore regionale alla Sanità: le Marche hanno speso solo il 36% delle risorse stanziate dallo Stato per recuperare le prestazioni saltate durante il Covid. Una parte dei fondi è stata dirottata sull’acquisto di farmaci. Perché questa scelta?
«Il ministero aveva stanziato per le Marche circa 13 milioni per recuperare le prestazioni saltate durante il Covid e questa somma l’abbiamo messa a disposizione delle aziende ospedaliere. Ognuna le ha utilizzate a seconda delle esigenze. Gli 8,3 milioni non utilizzati per questa finalità non sono andati persi, come sostiene il Pd, ma sono stati utilizzati per altre esigenze come la cura delle patologie oncologiche con trattamenti innovativi molto costosi».

 
Ma perché non utilizzare questi fondi ad hoc per il recupero delle liste di attesa, che si sono notevolmente allungate in era Covid?
«Perché sui Lea siamo adempienti, abbiamo garantito il 90% richiesto: le Marche sono Regione benchmark sui Lea (insieme a Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto)e per questo riceveremo anche un premio aggiuntiva nel trasferimento statale 2023».
Bene, ma facciamo un esempio pratico: l’80% degli screening oncologici non garantiti a causa della pandemia non sono mai stati recuperati: non sarebbe stato il caso di investire su questo? Così è a rischio la prevenzione.
«Sono stati spediti 83mila inviti alla popolazione da parte delle Aziende sanitarie, ma c’è stata scarsissima adesione, come c’è scarsa adesione in generale anche sulla prevenzione vaccinale. Dipende un po’ anche dalla sensibilità e dai pregiudizi delle Marche verso il mondo della prevenzione e dei vaccini. Probabilmente dovremmo fare più promozione, tanto che ho chiesto alle Aziende di andare a scuola per spiegare l’importanza della prevenzione». 
In generale, ci sono alcune prestazioni, come le mammografie, per le quali i tempi di attesa arrivano anche a superare l’anno: cosa si sta facendo per correggere questa stortura?
«I Lea devono essere garantiti, non possiamo permetterci un arretramento. Dobbiamo far sì che quando il cittadino chiama il Cup, veda rispettati i propri diritti: deve essere preso in carico e la prestazione deve essere erogata nei tempi prestabiliti. Stiamo appendendo anche dei fogli nei Cup con la spiegazione di come funziona». 
L’altra distorsione messa in luce dalla Fondazione Gimbe è quella dei fondi non utilizzati per pagare le prestazioni aggiuntive al privato accreditato.
«Abbiamo speso una quota parte del fondo per la sanità privata, ma siamo sotto procedura d’infrazione con il Ministero dell’Economia perché la legge di spending review del 2015 prevedeva un tetto di spesa per i trasferimenti al privato e le amministrazioni precedenti lo avevano ampiamente superato, giustificando lo sforamento con il recupero delle liste d’attesa e della mobilità passiva». 
Quindi?
«Quindi abbiamo dovuto concordare con il Mef un piano di rientro: quei 1,6 milioni destinati alle Marche per la committenza al privato accreditato finalizzata al recupero delle liste di attesa in parte non abbiamo potuto spenderli proprio per questo motivo. Il piano di rientro lo scorso anno ci è costato 3 milioni di euro. Tuttavia il 5 agosto del 2022 abbiamo fatto un accordo con i privati affinché concentrino le loro attività su specifiche prestazioni che la sanità pubblica non riesce a garantire».
Un altro nervo scoperto della sanità marchigiana è quello della mobilità passiva, problema cronico che ogni anno drena risorse al Sistema regionale: come si interviene per invertire la rotta?
«È il nostro tallone d’Achille: ci costa circa 40 milioni l’anno da 10 anni. Quindi abbiamo perso 400 milioni di euro di investimenti. Dobbiamo riuscire a interrompere questo esodo». 
Difficile farlo: l’Emilia Romagna è da sempre un forte attrattore in questo senso.
«Sì, l’area dell’Ortopedia è quella più esposta in questo senso e tutti vanno in Emilia Romagna.

In altre specializzazioni, invece, siamo noi ad essere attrattivi».

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