ANCONA - Capitolo chiuso, niente più ricorsi. È diventata irrevocabile la sentenza che lo scorso luglio ha fatto finire in una bolla di sapone il maxi processo sulle cosiddette Spese facili del Consiglio Regionale. In 38 avevano tirato un sospiro di sollievo dopo la lettura della sentenza del collegio penale di Ancona: tutti assolti perchè il fatto non sussiste, tra ex consiglieri e capigruppo dell’ottava e della nona legislatura. La procura ha deciso di non impugnare il verdetto assolutorio. Una scelta che ha portato a rendere irrevocabile la sentenza.
Cala il sipario
L’accusa madre: peculato.
Le 325 pagine
Per quanto riguarda le motivazioni dell’assoluzione dei 38 (ormai) ex imputati, il collegio penale ha rilevato alcune lacune investigative che hanno pesato (e non poco) sul giudizio assolutorio. È «indubbio - si legge nella sentenza che conta 325 pagine - che nessuna verifica è stata mai condotta sulle ragioni delle spese richieste a rimborso e ancor più incerto rimane, in alcuni casi, anche quali spese siano state effettivamente rimborsate». I giudici parlano della «totale assenza di riscontri investigativi sull'effettiva destinazione» di alcune voci di spesa. Carenza che «costituisce un vulnus in grado di inficiare l'intera ricostruzione accusatoria, nonché lascia non dimostrate situazioni che avrebbero meritato un approfondimento e che potevano, alla data in cui si è proceduto all'acquisizione, essere verificate e dimostrate».
Inoltre, «la natura ambivalente della spesa non consente di affermare, con certezza, che la stessa sia svincolata dai fini istituzionali consentiti dalla normativa regionale». Per questo si deve «prendere atto del mancato raggiungimento della prova della condotta appropriativa, a prescindere dal fatto che l'imputato l'abbia o meno giustificata». Nel mirino erano finiti rimborsi chilometri, spese di ristorazione, di rappresentanza e per le collaborazioni esterne.