Spese facili in Regione, esultano 38 ex consiglieri. La procura si arrende: «Assoluzioni definitive»

Niente ricorso in appello: «Lacune investigative, manca la prova del peculato»

Spese facili in Regione, esultano 38 ex consiglieri. La procura si arrende: «Assoluzioni definitive»
Spese facili in Regione, esultano 38 ex consiglieri. La procura si arrende: «Assoluzioni definitive»
di Federica Serfilippi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 16 Febbraio 2024, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 13:21

ANCONACapitolo chiuso, niente più ricorsi. È diventata irrevocabile la sentenza che lo scorso luglio ha fatto finire in una bolla di sapone il maxi processo sulle cosiddette Spese facili del Consiglio Regionale. In 38 avevano tirato un sospiro di sollievo dopo la lettura della sentenza del collegio penale di Ancona: tutti assolti perchè il fatto non sussiste, tra ex consiglieri e capigruppo dell’ottava e della nona legislatura. La procura ha deciso di non impugnare il verdetto assolutorio. Una scelta che ha portato a rendere irrevocabile la sentenza.

Cala il sipario

L’accusa madre: peculato.

La procura contestava i rimborsi ottenuti per spese non legate direttamente all’attività istituzionale o non correttamente giustificate. A tremare per la sentenza di luglio - con la tagliola della legge Severino - c’erano anche tre sindaci (Daniele Silvetti di Ancona, Moreno Pieroni di Loreto e Fabio Badiali di Castelplanio), il commissario alla Ricostruzione Guido Castelli, il deputato della Lega Mirco Carloni e il presidente del Consiglio Regionale, Dino Latini. Con la sentenza non più impugnabile, si chiude il sipario su una delle più grandi inchieste portate avanti dalla magistratura dorica in un percorso durato 11 anni (contando dall’avvio delle indagini) e fatto di ricorsi e contro ricorsi. All’inizio gli indagati erano 66. Il numero è sceso via via, tra doppie udienze preliminari, prescrizioni e proscioglimenti annullati. Rimane ora in piedi un solo filone: quello dell’ex governatore Gian Mario Spacca e dell’ex presidente dell’assemblea legislativa Giacomo Bugaro, i due che avevano scelto il rito abbreviato fin dall’inizio. Per loro l’ultimo colpo di scena è di un anno fa: la Cassazione ha annullato le condanne rifilate dalla Corte d’Appello di Perugia. Dovranno ora vedersela con i giudici di secondo grado di Firenze. L’udienza non è stata ancora fissata.

Le 325 pagine

Per quanto riguarda le motivazioni dell’assoluzione dei 38 (ormai) ex imputati, il collegio penale ha rilevato alcune lacune investigative che hanno pesato (e non poco) sul giudizio assolutorio. È «indubbio - si legge nella sentenza che conta 325 pagine - che nessuna verifica è stata mai condotta sulle ragioni delle spese richieste a rimborso e ancor più incerto rimane, in alcuni casi, anche quali spese siano state effettivamente rimborsate». I giudici parlano della «totale assenza di riscontri investigativi sull'effettiva destinazione» di alcune voci di spesa. Carenza che «costituisce un vulnus in grado di inficiare l'intera ricostruzione accusatoria, nonché lascia non dimostrate situazioni che avrebbero meritato un approfondimento e che potevano, alla data in cui si è proceduto all'acquisizione, essere verificate e dimostrate».

Inoltre, «la natura ambivalente della spesa non consente di affermare, con certezza, che la stessa sia svincolata dai fini istituzionali consentiti dalla normativa regionale». Per questo si deve «prendere atto del mancato raggiungimento della prova della condotta appropriativa, a prescindere dal fatto che l'imputato l'abbia o meno giustificata». Nel mirino erano finiti rimborsi chilometri, spese di ristorazione, di rappresentanza e per le collaborazioni esterne.

© RIPRODUZIONE RISERVATA