Il Rio Canale
Anche la diga di Rio Canale di Campofilone fa scalpore. Ha una disponibilità di 806 mila mc ma nel 2022 conteneva solo 439 mila metri cubi e, quindi, registra un + 84 % che fa sospirare di sollievo gli associati del Consorzio che coltivano i 650 ettari irrigati dall’invaso. «Le precipitazioni sono state importanti - entra nel merito Michele Maiani - e ovviamente i laghi sono strapieni ma ciò risolve solo il problema dei nostri agricoltori soci non quello della stragrande maggioranza dei coltivatori che non sono serviti da noi.
Pozzi e pompe
È non un banale distinguo. Sui 60mila ettari di Sau irrigata nelle Marche, solo un terzo, 20 mila, usano l’acqua dell’ente consortile. Gli altri 40mila attingono alle acque delle falde sotterranee con pozzi e pompe e hanno un ulteriore aggravio di costi anche rilevanti. Né nelle valli del Potenza, né del Chienti, né dell’Esino e del Musone, ci sono impianti di irrigazione. Motivo per cui le dighe al colmo non devono trarre in inganno. «Inoltre - osserva il Presidente dell’ente consortile - non sappiamo quanto sono state rigenerate davvero le falde e sarebbe troppo ottimistico pensare che abbiamo colmato il deficit idrico accumulato nel corso degli ultimi anni, particolarmente siccitosi. Proprio per questo, dovendo fare i conti con i cambiamenti climatici, dobbiamo imparare a “catturarla” quando arriva, ed evitare gli sprechi». L’obiettivo è trattenere una parte dei 9 miliardi di metri cubi di acqua che cadono ogni anno sulle Marche. «Oggi - incalza - ne captiamo sì e no 75 milioni. Abbiamo piogge sempre più rade e concentrate che non lasciano alle falde il tempo di ricaricarsi e la piena dei fiumi finisce direttamente a mare senza svolgere nessuna funzione. È fondamentale lavorare per trovare le migliori soluzioni per trattenere l’acqua ma più di tutto mettere in sicurezza il territorio. Come Consorzio abbiamo le idee e anche gli uomini per tradurle in progetti e realizzarli».