Addio all’abuso d’ufficio. E i sindaci delle Marche ora esultano: «Ha infangato carriere»

Addio all’abuso d’ufficio. E i sindaci delle Marche ora esultano: «Ha infangato carriere». Nella foto il ministro Nordio
Addio all’abuso d’ufficio. E i sindaci delle Marche ora esultano: «Ha infangato carriere». Nella foto il ministro Nordio
di Véronique Angeletti
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Sabato 17 Giugno 2023, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 12:22

ANCONA Vanno d’amore e d’accordo i sindaci dei capoluoghi marchigiani sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Ritengono che la cancellazione del reato nella proposta di riforma della giustizia firmata dal ministro Carlo Nordio, sia «razionale, di buon senso» e una battaglia vinta dai sindaci italiani tutti, quindi non strumentalizzabile. Ne è convinto Matteo Ricci che parla in qualità di primo cittadino di Pesaro, di presidente di Autonomie Locali Italiane (Ali) e di coordinatore dei sindaci del Pd. «A prescindere del colore politico - afferma - sono dieci anni che, in assemblea nazionale dell’Anci chiediamo di mettere mano ad un reato che nella sua formulazione stessa era un problema. Il 98% dei procedimenti viene archiviato o c’è una assoluzione. La norma crea incertezza amministrativa, infanga carriere, ingolfa la giustizia e non ha dato alcun contributo alla lotta all’illegalità ma ha generato delle condizioni che hanno rallentato la Pubblica amministrazione». 


La paura della firma


La paura della firma, insomma. Ragione per cui Daniele Silvetti, il neosindaco di Ancona, chiama il reato d’abuso d’ufficio “lo spauracchio”. «Senza questa minaccia - osserva - un primo cittadino, ovviamente nel pieno rispetto della legge, si muove con più tranquillità. L’importante è che non si perda di vista che le richieste per abrogarlo sono state così tante che non può essere né un problema politico, né ideologico ma deve essere valutato solo dal punto di vista strutturale. La cancellazione ci aiuterà sicuramente a raggiungere i nostri obiettivi in particolare quelli del Pnrr». Entra nel merito Paolo Calcinaro, fascia tricolore di Fermo: «L’abuso d’ufficio teneva sotto tiro l’apparato dirigenziale dei Comuni più grandi, ma soprattutto i sindaci dei piccoli Comuni. Motivo per cui ad ogni cambio di governo, si chiedeva di intervenire».

Perché nonostante sia stata riformata per quattro volte è peggiorata: «Gode di un’interpretazione così estensiva – precisa Calcinaro - che era diventata una fattispecie penale totalmente indefinita ed indefinibile in grado di toccare chiunque».

La trasgressione

Spiega che la trasgressione volontaria di una norma, di solito è una legge specifica, era diventata una regola generale; quanto al vantaggio acquisito, non era nemmeno quello patrimoniale ma poteva addirittura essere il consenso elettorale. «Interpretazioni - conclude - che facevano rientrare tutto nell’abuso d’ufficio in un sistema legislativo complicato, a volte contraddittorio, come lo è quello italiano e ha portato a tanti e troppi errori». Quanto al suo ruolo di reato-spia dell’operato dell’amministrazione, Marco Fioravanti, sindaco di Ascoli Piceno, in premessa, sottolinea che il provvedimento era ingiusto «poiché anche se le contestazioni erano archiviate o c’era un’assoluzione, il primo cittadino veniva comunque danneggiato dall’indagine». E aggiunge che non ostacolerà il controllo «considerando che ci sono tantissimi altri strumenti per verificare la trasparenza dell’azione dei sindaci che, d’ora in poi, potranno lavorare con maggior tranquillità e nella sicurezza che, se qualcosa non dovesse andare, sarebbero i veri responsabili ad essere sotto indagine». 


Il primo passo


Per Francesca D’Alessandro, la vice sindaca di Macerata, si tratta di un primo passo verso una riforma più sistematica e più ampia della giustizia indirizzata nell’ottica di un sistema di garanzia volto anche a tutelare le persone da un punto di vista della dignità e dell’onorabilità. «L’abuso di ufficio – dichiara - fungeva quasi da deterrente ingenerando il timore di firmare documenti e provocando una sorta di ostruzione nelle procedure, con il rischio di vedere rallentata la propria attività amministrativa e di danneggiare la comunità. Pertanto, l’abrogazione, considerando l’esiguità del numero delle condanne a fronte di migliaia di fascicoli aperti, tutela amministratori e cittadini». Un coro unanime che unisce le fasce tricolori marchigiane a quelle di tutta Italia.
 

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