Il sindaco di Tolentino Mauro Sclavi : «La mia gioventù tra natura e teatro»

Il sindaco di Tolentino Mauro Sclavi si racconta: «La mia gioventù tra natura e teatro. Luogo del cuore? Il Cesolone»
Il sindaco di Tolentino Mauro Sclavi si racconta: «La mia gioventù tra natura e teatro. Luogo del cuore? Il Cesolone»
di Valentina Berdozzi
4 Minuti di Lettura
Domenica 24 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 08:50

 L'urgenza è sempre stata il suo mestiere. Essere sul pezzo, nel posto giusto al momento giusto, fronteggiare l'emergenza e venire incontro ai bisogni di chi è in difficoltà, da primo cittadino di Tolentino come da infermiere. Se tre cifre bastassero per iscrivere al loro interno una vita, sarebbero proprio quelle del 118, il servizio d'emergenza, a rappresentare Mauro Sclavi e il suo duplice impegno, civile e professionale. Perché la vita è adesso e niente può aspettare o scalfirla. Non ha dubbi Sclavi, non ci sono né se né ma. E, soprattutto, non c'è perché che regga: è così perché così deve essere.

La gioventù

Una simile risposta, quella che lo descrive in toto e rappresenta a pieno con pochi essenziali tratti ciò che è, nella perentorietà della sua sintesi e concentrazione, all'uomo di oggi calza a pennello: senza deviazioni, va dritta al punto e lo restituisce nella totalità di un impegno a tutto tondo e sul campo per tutti.

Ma al bambino di allora, tutta quella estrema, potente e imperscrutabile asciuttezza sarebbe andata giù? Avrebbero quelle poche, essenziali, smilze parole, quelle che non lasciano spazio a nulla che non sia un appiglio per un'altra domanda, soddisfatto la sua curiosità, la voglia inesauribile di sapere di quel bimbo che, cavalcando tra i ricordi, l'uomo di adesso chiama il «ragazzo-perché»? Sclavi ride: quell'espressione è il ricordo e insieme l'eredità più bella di «un'infanzia genuina vissuta da figlio unico e gambe in spalla, a spasso per la natura a osservare e domandare. Naturalmente avevo i miei amici e i miei coetanei - comincia - ma giocoforza per la vita di un figlio senza fratelli o sorelle, la fetta di tempo passato da solo era inevitabilmente più corposa rispetto a quella dei miei coetanei che avevano compagnia in casa. Per superare l'impasse, non mi rimaneva che sfruttare quello che avevo intorno e intorno a me, soprattutto nella casa in cui ho vissuto fino ai tre anni a confine tra Tolentino e Serrapetrona immerso nel verde e circondato dalla campagna, avevo il fiume Cesolone, che scorreva a pochi passi. Inutile dire che in men che non si dica quello è diventato, rimanendo così per il resto della mia vita, il luogo del cuore dell'infanzia: quante ore passate lì a giocare, a osservare la natura, a guardare tutti gli animali che popolavano l'ambiente. Rane, api, farfalle, ogni tipo di insetto e gli animali più vari erano straordinari compagni di gioco, che amavo osservare in ogni minimo dettaglio per cercare di carpire quanti più segreti possibile su madre natura e le sue creature. Mi animava una curiosità insaziabile verso il loro comportamento, una voglia infinita di osservare, capire e scoprire le loro movenze». Una passione totalizzante, che non arretrava neanche davanti alle ore canoniche della scuola e delle «elementari in campagna - sorride - furono anni bellissimi, densi di ricordi e volti rimasti scolpiti nella memoria. Come dimenticare, del resto, la mitica bidella Bianchina, avvolta dall'odore del carbon coke che usava per avviare la stufa che scaldava lo stanzone che ci faceva da aula? E la maestra Rita? Fu la mia insegnante per tutti e cinque gli anni: grande fumatrice e mangiatrice di mandarini, ripensando a lei il cuore torna indietro a quel profumo così unico che il naso non ha mai dimenticato. Nacque proprio con lei l'etichetta bonaria di ragazzo perché' per sottolineare la genuinità di un bambino incuriosito da tutto e sempre desideroso di andare al cuore delle questioni domanda dopo domanda». Sulla scia del desiderio di sapere e conoscere c'è chi s'è perso, come il dantesco Ulisse pericolosamente ammaliato dalla sete insana di andare oltre il limite del consentito, e chi invece s'è ritrovato. Per l'esattezza, su un palcoscenico di fronte a un pubblico.

Il teatro

È stato così per Mauro e quella passione per il teatro scoppiata per caso alle superiori ma diventata un grande amore per la vita: «Erano i primi anni della compagnia della Rancia e bussai alla loro porta seguendo due amiche che si erano iscritte al corso di recitazione, giusto per vedere e curiosare. Mai avrei pensato all'orizzonte che mi si sarebbe spalancato davanti: fu un'esperienza incredibile, di una potenza e bellezza senza pari. Ricordo ancora le lezioni dell'insegnante Marina Garrone: sapeva traghettarci in un mondo in cui potevamo essere chiunque, senza vincoli e difficoltà, perdutamente innamorati del teatro e del suo linguaggio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA