Pakistani sfruttavano gli immigrati nei campi, turni massacranti a soli 5 euro all’ora e baracche fatiscenti affittate a Cingoli

Misure cautelari per tre pakistani

Pakistani sfruttavano gli immigrati nei campi, turni massacranti a soli 5 euro all’ora e case fatiscenti affittate a Cingoli
Pakistani sfruttavano gli immigrati nei campi, turni massacranti a soli 5 euro all’ora e case fatiscenti affittate a Cingoli
di Chiara Marinelli
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Giovedì 26 Ottobre 2023, 01:15 - Ultimo aggiornamento: 16:20
MACERATA Avevano bisogno di un’occupazione e sono stati costretti a vivere in baracche fatiscenti, lavorando ore ed ore, anche 12, sotto le intemperie, dietro compensi ridicoli. Stanato dai carabinieri un gruppetto di pakistani, dediti al caporalato, che erano riusciti ad avere il monopolio dello sfruttamento del lavoro nelle campagne maceratesi, anconetane e pesaresi. La manodopera, tutti stranieri bisognosi di lavorare, veniva reclutata anche dai vari centri di accoglienza. 


L’attività 


Al termine di una serie di indagini, svolte dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Pesaro-Urbino, in collaborazione con i colleghi di Ancona e di Macerata e dei comandi provinciali di Ancona e Macerata, sono stati arrestati tre pakistani, residenti nei Comuni di Cupramontana e Cingoli, loro basi operative. Uno si trova ai domiciliari, per due è stato disposto l’obbligo di dimora. Secondo l’accusa sarebbero responsabili di intermediazione illecita di manodopera e relativo sfruttamento del lavoro, nei confronti di numerosi cittadini extracomunitari. Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Ancona, su richiesta Procura, è scattato in seguito ad una indagine che ha preso il via nel giugno del 2021 e condotta dai carabinieri del Nil di Pesaro-Urbino. Tutto è iniziato quando i carabinieri di Mondavio, impegnati in un posto di blocco in strada, hanno fermato un furgone con a bordo otto persone, che avevano riferito di essere stati al lavoro in campagna come braccianti agricoli. Le indagini hanno permesso di scoprire un sodalizio, composto da pakistani, che aveva come obiettivo quello di monopolizzare il mercato del lavoro, nel settore agricolo, nelle province di Ancona, Macerata e Pesaro-Urbino, attraverso lo sfruttamento di manodopera, la maggior parte stranieri richiedenti asilo, reclutata a basso costo, anche nei centri di accoglienza, da fornire ad aziende agricole di quei territori. Approfittando dello stato di povertà di immigrati, pakistani e del Bangladesh, gli indagati reclutavano, allo scopo di farli lavorare presso terzi in condizioni di sfruttamento, persone vulnerabili e con un estremo bisogno di lavorare e guadagnare per sopravvivere e per mandare soldi alle loro famiglie nei rispettivi Paesi di origine.

Molti avevano anche necessità di un contratto di lavoro per garantirsi l’opportunità di tentare il rinnovo del permesso di soggiorno. Dalle indagini è emerso che 40 extracomunitari erano impiegati in condizioni di sfruttamento. Per le vittime quella era l’unica occasione di lavoro e, pertanto, l’unica fonte di sostentamento, tanto da costringerli ad adattarsi in alloggi pessimi dal punto di vista delle condizioni igieniche e sanitarie. Gli accertamenti condotti dai carabinieri dei Nil di Pesaro-Urbino, Ancona e Macerata, in collaborazione con i colleghi dell’Arma di Cupramontana e Cingoli, hanno consentito di individuare a Cupramontana la sede operativa del sodalizio e a Cingoli gli alloggi di fortuna dove veniva ospitata, in condizioni di degrado, la manodopera sfruttata. Dalle indagini è emerso che i lavoratori percepivano una retribuzione palesemente inferiore a quella contemplata dai contratti collettivi regionali e nazionali, limitandosi alla corresponsione di un compenso orario equivalente a 5-6.50 euro l’ora, a fronte di un impiego giornaliero anche di 10, 12 ore, in assenza del rispetto delle norme di riferimento in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Le vittime, come si diceva, vivevano in strutture fatiscenti, casolari in stato di abbandono, in aperta campagna, in pessime condizioni igienico-sanitarie e per avere un giaciglio di fortuna erano costrette a pagare un affitto di 150 euro mensili a lavoratore.



Gli accertamenti 


Dalle indagini, inoltre, è emerso che la busta paga elaborata per i lavoratori dipendenti appariva formalmente corretta ed in linea con i Ccnl applicati, ma tutti i dipendenti, oltre a svolgere un orario di lavoro superiore a quello registrato sugli stessi prospetti paga, erano poi costretti a restituire parte della retribuzione corrisposta in base agli accordi presi al momento dell’ingaggio, anche dietro la minaccia di perdere il lavoro in caso di mancato adempimento alle richieste degli indagati. Sequestrati i mezzi che il sodalizio utilizzava per il trasporto dei lavoratori sfruttati dagli alloggi di fortuna ai campi agricoli.

 

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