Delitto Alika, le motivazioni dei giudici: «Da Ferlazzo una volontà omicidiaria»

Delitto Alika, le motivazioni dei giudici. «Da Ferlazzo una volontà omicidiaria»
Delitto Alika, le motivazioni dei giudici. «Da Ferlazzo una volontà omicidiaria»
di Benedetta Lombo
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Sabato 30 Dicembre 2023, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 10:20

CIVITANOVA «Le manovre dell’imputato, volte a provocare l’asfissia della vittima con le mani, le braccia, le gambe e con tutto il peso del corpo, anch’esso utilizzato per bloccare Alika e impedirgli di respirare, risultano sintomatiche della volontà omicidiaria». È uno dei passaggi con cui i giudici della Corte d’Assise di Macerata motivano la sentenza emessa il 27 settembre scorso con la quale hanno condannato il 33enne Filippo Ferlazzo a 24 anni di reclusione per l’omicidio dell’ambulante nigeriano 39enne Alika Ogorchukwu avvenuto in corso Umberto I il 29 luglio 2022.

La sentenza

Le motivazioni sono state depositate nei giorni scorsi, in 47 pagine i giudici Roberto Evangelisti e Federico Simonelli (estensore) hanno spiegato le ragioni della condanna.

Per la Corte, lo svolgimento dei fatti e la sequenza degli atti posti in essere da Ferlazzo inducono ad affermare «che l’imputato abbia esercitato nei confronti di Ogorchukwu Alika una violenza finalizzata alla soppressione della vittima».

Che Ferlazzo volesse uccidere Alika dopo che il nigeriano aveva chiesto con insistenza l’elemosina a lui e alla sua fidanzata, per i giudici è chiaro in quanto pur potendo evitare la colluttazione l’aveva «ricercata e proseguita con efferatezza sino alla perdita di conoscenza e poi al decesso del soggetto passivo».

Durante l’aggressione, inoltre, Ferlazzo aveva minacciato la vittima “Ti ammazzo”, accompagnato dal monito di non provare più a toccare la propria ragazza.

L’esclusione

I giudici hanno escluso che si potesse ravvisare un omicidio preterintenzionale (per il quale non c’è una volontà omicidiaria), come invece sostenuto dal difensore di Ferlazzo, l’avvocato Roberta Bizzarri, in quanto «la condotta dell'agente, culminata nello strozzamento (sintomatico della volontà di impedire la respirazione ad una persona, atto vitale per eccellenza, che Ferlazzo mirava ad inibire), dimostra la consapevole accettazione (anche solo) della concreta eventualità che dal suo comportamento potesse derivare la morte del soggetto passivo». Sulle cause della morte di Alika i giudici concordano con l’analisi fatta dal consulente del pm il medico legale Ilaria De Vitis che aveva concluso per «un’asfissia violenta con concomitante shock ipovolemico da rottura della milza».

In merito alla capacità di intendere e di volere riconosciuta dal perito, lo psichiatra Renato Ariatti, «la compiuta istruttoria dibattimentale – scrivono i giudici – ha consentito di appurare che l'imputato, pur trattandosi di paziente psichiatrico a tutti gli effetti, non ha mostrato, nella sequenza di atti posti in essere durante la commissione del delitto, problemi di natura psicopatologica di intensità e qualità tali da costituire vizio di mente. In sostanza, Ferlazzo pur avendo una personalità disturbata, strutturalmente incline ad una maggior facilità alla reazione rabbiosa o a vivere con particolare insofferenza e umiliazione situazioni che per altri soggetti potrebbero avere una rilevanza assai più banale, non è stato vittima, in occasione di quanto accaduto il 29 luglio 2022, di alcun "deragliamento" psicotico». Ora, lette le motivazioni, la difesa dell’imputato potrà impugnare la sentenza in Appello.

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