E siamo di nuovo in rosso, noi dell’anconetano, dopo un anno di non-vita pandemica. La curva del virus punta ripida in alto, il capoluogo riassume aria fantasmatica, l’umore si inabissa. Manco ho voglia di un film ‘sto mercoledì sera. O di un libro, o di niente. Mi piazzo sul divano, guarderò un po’ di Sanremo. Sanremo che quando mai, negli ultimi 30 anni, quando il virus era “del computer” o “ipotesi da fantascienza”? Giusto quella volta che al giornale mi chiesero un festivaliero pezzo, e accolsi la proposta col più ipocrita dei «certo che lo faccio, sarà un piacere». A ‘sto giro lo propongo io l’argomento. Quando hai voglia di nulla, meglio una roba di cui ti importa nulla. Il Festival della Rinascita l’hanno ribattezzato. Accendo che han già cominciato, si sta esibendo un ragazzo, una delle Nuove Proposte: si chiamano ancora così? Di quel che canta, chiedo scusa, mi importa nulla, amo altre musiche. Mi colpisce la scenografia spaziale. L’interno di un’astronave, lanciata verso un futuro che si intuisce radioso. Bei giochi di luce durante le esibizioni, innumerevoli led, e le telecamere compiono acrobazie, inquadrano l’interno dell’astronave e anche l’esterno. Il palco è enorme. Ha invaso la platea, tanto il pubblico non c’è. L’orchestra è divisa, gli archi di qua, i fiati di là. Il plexiglas separa corista da corista, senza mascherina, ovvio, mentre gli strumentisti tutti con. Mancano i fiori sul palcoscenico, e del resto uno sull’astronave mica imbarca vasi di peonie e gerani e chenesò. Le poltrone non eliminate per far posto alla scenografia sono occupate da palloncini con le faccine allegre spiritose disegnate. Non è che mettano tanta allegria ma era difficile far di meglio, dai. Agli applausi provvedono orchestrali e coristi. Probabilmente con rinforzo registrato, comunque discreto, scongiurato l’effetto sitcom. Amadeus annuncia: «Questa è l’edizione del Festival più commentata sui social». Scorro vari commenti. Non mancano quelli polemici. «Era proprio necessario farlo, questo Sanremo?». Sì, è stato giusto farlo, punto. Permette a un po’ di artisti, ai tecnici, alle maestranze di lavorare, dopo un anno di quasi nulla.
* opinionista e critico cinematografico
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