La finanza è come il fuoco e il suo demone è tra noi

La finanza è come il fuoco e il suo demone è tra noi

di Pietro Alessandrini
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Sabato 30 Settembre 2023, 06:10

Il 21-24 settembre si è tenuto in Ancona il quinto Festival della Storia sul tema leader: Dèmoni. Sono intervenuti autorevoli intellettuali, che hanno sviluppato la parola chiave sotto molteplici aspetti: la guerra, la letteratura, la filosofia, la psichiatria, la politica, l’imprenditoria, la musica, il teatro, il cinema. Ovunque si possa individuare un lampo diabolico nel comportamento umano che ha caratterizzato la storia. Si è tenuta anche una sessione su “lo zampino del diavolo nella finanza”, brillantemente presentata dallo storico Francesco Chiapparino.

Era prevista anche la mia presenza, ma lo zampino del diavolo si è concretizzato con un’inattesa positività al covid che mi ha costretto a rinunziare. Non rinunzio però a dare il mio contributo ex-post presentando in questa sede una sintesi delle mie riflessioni in merito. Non vi rinunzio perché credo che il campo della finanza sia particolarmente esposto alla metafora diabolica. Ne sono prova le ricorrenti crisi finanziarie, che sono il frutto di una intrinseca instabilità. Basti pensare che ogni scelta finanziaria comporta una scommessa con il futuro. E’ sempre un rapporto del certo (oggi) con l’incerto (domani), con il quale l’uomo sfida gli “dei” cercando di superare il proprio limite esistenziale, che non gli consente di conoscere il futuro.

Lo fa a fin di bene quando finanzia investimenti che determinano sviluppo e benessere. Ma si espone alla maledizione diabolica quando subentrano limiti soggettivi, quali errori di valutazione ed eccessi di euforia e avidità di guadagni facili, e limiti oggettivi, quali calamità naturali o choc politico-economici imprevisti. Alla base dei rapporti finanziari c’è l’incertezza del futuro e i conseguenti rischi di insolvenza. L’antidoto è la fiducia. Non a caso per i prestiti si usa il termine credito, da credere che alla scadenza venga rimborsato. L’esempio che più mi sembra calzante, che tra l’altro è in linea con la metafora infernale del festival, è paragonare la finanza al fuoco.

Entrambi sono allo stesso tempo utilissimi e molto pericolosi. Se il fuoco non viene controllato ha un potere distruttivo devastante. Lo stesso vale per la finanza. Ne sono prova le due grandi crisi finanziarie degli ultimi cento anni: negli anni Trenta del secolo scorso e alla fine del primo Decennio del secolo corrente. Che si aggiungono alle oltre 260 crisi bancarie e alle 80 crisi di insolvenza di debiti pubblici registrate dall’inizio dell’Ottocento nel mondo capitalistico. Il “dèmone” della finanza è stato molto attivo nel colpire, direi cinicamente, proprio le due istituzioni destinate a raccogliere la fiducia dei risparmiatori al massimo livello: la banca e lo Stato. Con l’aggravante di provocare un destabilizzante rischio di contagio. Il fallimento di una banca, soprattutto se di grandi dimensioni, determina una crisi di fiducia che si propaga alle altre banche. Le banche intermediano fiducia: la comprano dai depositanti e la vendono concedendo finanziamenti a famiglie e imprese.

Ai primi debbono garantire che i 100 euro versati siano 100 euro prelevabili in ogni momento. Dai secondi debbono sperare che i 100 euro prestati siano 100 euro restituiti alla scadenza. E’ su questo secondo fronte del credito che le banche si espongono a rischi di insolvenza.

La storia delle crisi finanziarie ha messo in evidenza una precisa ciclicità che coinvolge le banche. Nei periodi di espansione economica, prevalgono l’ottimismo e la fiducia. Il diavolo mette il suo zampino nell’istigare anche i non competenti a speculare su guadagni facili, da aumento di valore di azioni, case, terreni. Tutti pensano di guadagnare, comprese le banche, che concedono prestiti facili a tassi bassi, e lo Stato che può contare su maggiori entrate fiscali. Il sistema economico e finanziario entra in una bolla speculativa dentro la quale si perde la percezione dei rischi. Nel divario crescente tra valori virtuali e valori reali si realizza l’inganno diabolico.

A un certo punto intervengono le banche centrali preoccupate di contenere l’inflazione da ascesa irrealistica dei prezzi. La politica monetaria da espansiva diventa restrittiva con tassi di interesse più alti. Si passa dall’euforia al panico, perché si diffonde il timore di non recuperare i costi sostenuti. Dall’ondata di acquisti si passa all’ondata di vendite. I prezzi crollano. Aumentano i fallimenti. Entrano in crisi di liquidità le banche, che accumulano crediti inesigibili. Anche i governi ci rimettono: spendono di più per sostenere l’economia in crisi, incassano meno tasse e pagano tassi di interesse più alti sul debito pubblico, che sale. Nel mezzo della grande crisi del 2009, la Regina Elisabetta in visita alla City di Londra chiese: “Perché non siete riusciti a prevenirla?”. La storia dimostra che non è stato mai possibile prevenire le crisi, che prosperano sulle debolezze del comportamento umano. Basta ricordare nel sei-settecento la diabolica follia collettiva della speculazione sui bulbi dei tulipani in Olanda e la colossale truffa delle azioni emesse su inesistenti miniere d’oro del Mississippi nella Francia del Re Sole. Perfino nel 2009 Bernanke, allora presidente della FED, la Banca Centrale degli USA, dovette ammettere di non avere saputo riconoscere i focolai della grande crisi già operanti nel 2007.

Eppure, aveva a disposizione tutti gli strumenti moderni d’informazione sull’andamento dei mercati. Alla disperata ricerca di una soluzione, il pendolo della storia ha oscillato tra due estremi, a seconda dell’ideologia economica prevalente. La liberalizzazione in nome dell’efficienza e, all’opposto, la regolamentazione in nome della stabilità.

Ora, dopo i danni prodotti dalla grande crisi, siamo in una fase di stringente regolamentazione. Che inevitabilmente penalizza la libertà di azione degli operatori, la professionalità e l’innovazione. Come è successo negli anni Venti e negli anni Novanta del secolo scorso, prima o poi inizia la crisi di rigetto e di insofferenza contro le troppe regole penalizzanti e si procede verso la liberalizzazione. Che però a sua volta contiene il virus dell’instabilità, da tentazioni diaboliche che alimentano la speculazione, l’azzardo e la ricerca dei guadagni facili. E saremo d’accapo. Difficile trovare l’equilibrio tra efficienza e stabilità. Una vera lotta contro il “diavolo” che è in noi.

* Professore emerito diPolitica economica Facoltàdi Economia “Giorgio Fuà” Università Politecnica delle Marche

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