Roma, agente massacrato: arrestati
dalla polizia i quattro aggressori

Giovanni Santosuosso accanto al fuoristrada usato per la fuga
Giovanni Santosuosso accanto al fuoristrada usato per la fuga
di Luca Lippera
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Venerdì 4 Gennaio 2013, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 11:57

ROMA - Occhialoni da sole e catene d’oro al collo, moto e fuoristrada, risse e droga, spacconate e curve degli stadi. Gli autori del feroce pestaggio all’ispettore di polizia che ha tentato di sedare una rissa a Marino nella notte di Capodanno da ieri sono tutti in carcere tra Regina Coeli e Rebibbia. I loro profili, le foto, i precedenti, i fascicoli e le testimonianze si accumulavano da settantadue ore negli uffici della Questura. A fine serata Renato Cortese, il capo della Squadra Mobile, ha potuto pronunciare la frase di rito. «Tutti presi, la vicenda è chiusa». Ma il film del pestaggio, con un uomo colpito selvaggiamente al volto mentre era già svenuto a terra, resta lì indelebile, spia di una città, di un clima, di un modo di essere.

Tre degli arrestati sono romani. Il quarto è un ventottenne di Campobasso che era andato con gli altri a festeggiare nel ristorante «Dar Capellone» a Marino. La polizia, nella notte tra mercoledì e ieri, aveva già fermato Giovanni Santosuosso, 47 anni, della Romanina, ultrà della Lazio, una rissa alle spalle, colpito da un Daspo per le «imprese» allo stadio. Nel primo pomeriggio, accompagnati dal legale di fiducia, Fabrizio Gallo, altri due protagonisti del Capodanno di ferocia si sono costituiti in Questura: Roberto Morelli, 28 anni, il molisano, e Alessandro Anzellotti, 39, del Tuscolano, titolare di un bar, precedenti per droga. Andrea D’Ascenzi, 38 anni, di Spinaceto, conosciuto come ultrà della Roma, si è presentato in via di San Vitale a fine giornata.

Stesso destino per tutti: una cella e una accusa che in teoria vale anni di carcere: tentato omicidio.

LA RICOSTRUZIONE

Antonio De Dominicis, 51 anni, l’ispettore colpito furiosamente per strada davanti al ristorante, è tuttora in coma al San Camillo. Gli agenti della Mobile e quelli del commissariato Viminale, il posto di polizia in cui presta servizio la vittima - i colleghi partecipato senza sosta alle indagini - hanno ricostruito ormai chiaramente quello che è accaduto. I quattro, in compagnia di mogli e compagne, pieni di alcol e di chissà cosa, hanno iniziato a litigare all’interno del locale. Insulti, spintoni, sputi. «Sembravano impazziti - hanno detto i testimoni - se la sono presa con i camerieri, con una coppia di cantanti, con i gestori del locale».

IL PESTAGGIO

La discussione è degenerata. I quattro si sono spostati all’esterno del ristorante. Pugni, calci, ferocia da belve. È a quel punto che l’ispettore De Dominicis li ha visti. Tornava a casa, a Marino, insieme alla moglie. Anche lui, alla guida di un’auto, era stato a un cenone. Ha sentito il dovere di fermarsi, ha cercato di calmare gli animi di far pesare il ruolo di poliziotto. Santosuosso, Morelli, Anzellotti e D’Ascenzi si sono coalizzati e lo hanno colpito furiosamente anche quando il poliziotto era a terra in loro balìa.

Le indagini sono coordinate dalla Procura di Velletri, perché Marino rientra in quella giurisdizione. Ovviamente c’è ancora molto da capire. I quattro si accusano a vicenda. Ognuno dice di aver avuto un ruolo marginale e accusa gli altri di essere stati «i veri picchiatori». Ma i testimoni sono molti e le responsabilità alla fine verranno ripartire. Giovanni Santosuosso è stato visto mentre scappava a bordo di un fuoristrada «Hammer», un bestione di costruzione americana che fa tanto fico, duro, uomo vero. Lo stesso accanto al quale appare in una foto tenendo il pollice destro alzato. Come a dire: «Tranquilli ragazzi: è proprio una vita alla grande!».

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