Doppi incarichi, ultimatum di Fini
a Mara Carfagna e Alessandra Mussolini

Mara Carfagna
Mara Carfagna
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Martedì 8 Giugno 2010, 14:39 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 22:31
ROMA (8 giugno) - La lettera-ultimatum di Gianfranco Fini gi stata recapitata a Mara Carfagna e Alessandra Mussolini, deputate Pdl in carica e da un paio di mesi anche consiglieri regionali della Campania. Il doppio incarico perentoriamente vietato dalla Costituzione (art. 122): e Fini dà alle deputate di 30 giorni di tempo per l’opzione. Se le dimissioni dal Consiglio regionale non arriveranno entro il termine, fra un mese la Camera dichiarerà la decadenza delle due deputate. Quasi certamente però non si arriverà a tanto.



La Carfagna, che ha anche un terzo incarico come ministro delle Pari opportunità, ha già pronta la lettera di dimissioni che dovrebbe essere annunciata oggi. Anche la rinuncia della Mussolini non dovrebbe tardare. Resta il fatto che il doppio incarico ha prodotto, sia pure per due mesi, un doppio stipendio. La Mussolini ha promesso che lo devolverà in beneficenza. Si tratta comunque di un doppio stipendio fondato su una clamorosa e consapevole violazione della Costituzione.



L’incompatibilità di Carfagna e Mussolini era stata formalmente dichiarata giovedì scorso dalla giunta per le elezioni della Camera. Ma ci sono ancora altri cinque deputati nella medesima condizione. Si tratta di Roberto Cota (governatore leghista del Piemonte), Roberto Rosso (vicegovernatore Pdl in Piemonte), Gianluca Buonanno (Lega, consigliere del Piemonte), Edoardo Rixi (Lega) e Sandro Biasotti (Pdl), consiglieri della Liguria. La differenza con i casi di Carfagna e Mussolini sta nel fatto che la giunta delle elezioni, con voto a maggioranza (Lega-Pdl contro tutte le opposizioni), non ha ancora dichiarato l’incompatibilità ma si è data un po’ di tempo motivandolo con i ricorsi presentati all’autorità giudiziaria (che contestano l’esito elettorale). Le opposizioni, a partire dal presidente Pd della giunta, Maurizio Migliavacca, hanno protestato vivacemente. Ma per il momento i cinque doppi incarichi restano tali. Compreso il caso del presidente Roberto Cota. I cinque comunque hanno inviato alla giunta copia di documenti in cui rinunciano agli emolumenti «regionali».



I casi dei doppi incarichi stanno diventando un vero buco nero della Seconda Repubblica. Ai tempi della Prima questa pratica non era neppure concepibile. Dal 2002 invece il Parlamento ha modificato un’antica prassi, consentendo a deputati e senatori già in carica di mantenere il doppio incarico se vengono successivamente eletti sindaci o presidenti di Provincia. La prima decisione fu presa a favore di Diego Cammarata, deputato di Forza Italia e sindaco di Palermo. L’opposizione di centrosinistra protestò. E tuttora contesta la prassi votando contro in giunta. Ma la pratica della doppia-poltrona si è intanto diffusa.



Quattordici deputati - tutti Pdl e Lega - sono anche sindaci o presidenti provinciali (aggirando una norma che molti giuristi giudicano esplicita nel senso dell’incompatibilità). Si tratta dei sindaci Adriano Paroli (Lega, Brescia), Giulio Marini (Pdl, Viterbo), Marco Zacchera (Pdl, Verbania), Nicolò Cristaldi (Pdl, Mazara del Vallo), Luciano Dussin (Lega, Castelfranco Veneto) e dei presidenti di Provincia Maria Teresa Armosino (Pdl, Asti), Luigi Cesaro (Pdl, Napoli), Edmondo Cirielli (Pdl, Salerno), Antonello Iannarilli (Pdl, Frosinone), Daniele Molgora (Lega, Brescia), Antonio Pepe (Pdl, Foggia), Ettore Pirovano (Lega, Bergamo), Roberto Simonetti (Lega, Biella), Domenico Zinzi (Pdl, Caserta). Ma ci sono anche tre sindaci-senatori: Mario Stancanelli (Pdl, Catania), Antonio Azzolini (Pdl, Molfetta), Vincenzo Nespoli (Pdl, Afragola). C’è un senatore-presidente di Provincia: Cosimo Sibilia (Pdl Avellino). E ci sono due senatori-vice sindaci: Mauro Cutrufo (Pdl, Roma), Adriana Poli Bortone (Io Sud, Lecce).



cla.sa.
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