Si definisce una “highlander” della politica, Silvana Amati, dall’85 nell’agone, a rappresentare il suo partito: Pci, poi Democratici di Sinistra, infine Pd. Due mandati in consiglio comunale, a Senigallia; tre in consiglio regionale Marche, di cui è stata la prima, e unica, presidente donna; tre anni alla segreteria nazionale; senatore della repubblica per tre legislature, per due membro della presidenza.
Senatrice Amati, non sono troppo poche le donne marchigiane che hanno infranto il soffitto di vetro, salendo ai vertici della rappresentanza?
«Mi permetta di dissentire.
Eppure, nessuna esponente del centrosinistra ha raggiunto il vertice come la rappresentante della destra estrema. Un problema irrisolto?
«Credo che il problema sia di noi donne: alla lunga, in molte mollano la presa, non combattono fino in fondo. In politica, nessuno ti regala niente. Guardi la Meloni: non ho niente da spartire con lei, se non il fatto che non ha mai smesso la sua battaglia, ci ha creduto, e crede in se stessa. Ed è ancora relativamente giovane. Ma non bisogna credere che, quote rosa o no, debbano essere gli uomini a lasciare spazio alle donne. Te lo devi prendere».
Parla per esperienza personale?
«Anche. Dall’85 al 2018 non mi sono mai tirata indietro. Ho corso il rischio di essere fatta fuori, c’era chi mi sconsigliava di candidarmi, talvolta sono stata eletta per pochi voti. Ma è fondamentale non cedere».
Si riferisce in particolare a qualcuna del suo partito?
«A livello nazionale, Anna Finocchiaro, che avrebbe potuto aspirare alla carica di segretaria nazionale, addirittura di presidente della Repubblica; di Livia Turco o della stessa Rosy Bindi, che a un certo momento hanno lasciato».
Lei non crede che una donna, in politica, abbia una marcia in più?
«Non necessariamente: al di là del genere, è la qualità delle persone a contare, la determinazione e la visione».
Come valuta la rappresentanza femminile nell’attuale Giunta regionale: una sola donna?
«La storia si ripete. Nello Statuto della Regione Marche, che varammo nel 2005, sotto la mia presidenza, c’è scritto che la Giunta va designata “garantendo la presenza di entrambi i sessi”. L’attuale presidente è dello stesso partito della Meloni, e non si è distaccato dal minimo garantito di quote rosa».
Però, per tornare a guardare “in casa”, non sarebbe ora che il Pd eleggesse una donna come prossimo segretario?
«Certo. Ma sono altri, ora, i problemi del mio partito, che ha bisogno di rifondarsi, con idee convincenti, per i risolvere i gravi problemi, in cui si dibatte una grandissima parte degli italiani».