Paolo Pizzichini, un chiaravallese medico sull’Amerigo Vespucci: «Che paura a Capo Horn»

Paolo Pizzichini, un chiaravallese medico sull’Amerigo Vespucci: «Che paura a Capo Horn»
Paolo Pizzichini, un chiaravallese medico sull’Amerigo Vespucci: «Che paura a Capo Horn»
di Ginaluca Fenucci
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Venerdì 10 Maggio 2024, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 12:21

CHIARAVALLE “Nec aspera terrent”, le difficoltà non mi spaventano. Il motto latino spiega la forza d’animo che deve avere chi scrive un’impresa al limite dell’impossibile, come l’equipaggio dell’Amerigo Vespucci, la nave della Marina Militare che per la prima volta nella sua storia ultranovantennale ha circumnavigato a vela e senza l’ausilio di motori, Capo Horn, il terribile passaggio tra Atlantico, Pacifico e Antartide. C’è un chiaravallese nell’equipaggio che ha compiuto la storica impresa: Paolo Pizzichini, 42 anni, imbarcato sulla Vespucci col ruolo di responsabile medico anestesista.

Il racconto

«Mi sono laureato ad Ancona – dice Pizzichini dall’altro capo del mondo - ho fatto l’accademia militare a Livorno ed ho svolto diversi incarichi in Marina tra cui direttore sanitario della nave San Giorgio, responsabile del nucleo sanitario presso la brigata marina San Marco, addetto alla gestione di tutti i medici imbarcati al Comando in Capo della Squadra Navale.

Attualmente faccio l’anestesista al policlinico militare di Roma. Sono stato medico presso la Presidenza della Repubblica a Palazzo Chigi. Ho una seconda laurea in giurisprudenza. Sono cintura nera di judo».

Il chiaravallese racconta le emozioni e i timori nel doppiaggio di Capo Horn. «La nave è riuscita a vela a circumnavigare quel terribile passaggio nonostante un vento fortissimo e onde alte 7 metri. La navigazione è stata molto impegnativa: ci siamo infilati tra due tempeste, sfruttando il vendo a poppa. Le onde erano così alte che il mio alloggio era sommerso e dall’oblò vedevo solo acqua. La nave ondeggiava e parecchi oggetti sono caduti, tra cui una libreria nonostante fosse inchiodata. Paura l’abbiamo provata ma sapevamo che la buona sorte ci avrebbe sorriso. Audaces fortuna iuvat!». La fortuna aiuta gli audaci. Paolo Pizzichini racconta la vita a bordo della Vespucci, la nave scuola gioiello della Marina con 230 membri dell’equipaggio, partita il 15 marzo da Buenos Aires per un tour mondiale di 2 anni per promuovere il turismo nel Bel Paese, toccando in particolare le terre a forte emigrazione italiana. «A bordo leggiamo, studiamo, andiamo in palestra, talvolta ci divertiamo col karaoke, facciamo le guardie in plancia. Il tempo passa e si è soli, ci mancano i familiari e l’Italia ma siamo orgogliosi di rappresentare il nostro Paese nel mondo. La nave ha 96 anni ed è spettacolare anche se, dove si incontrano Pacifico ed Atlantico, i venti sono fortissimi, con turbolenze incredibili. Abbiamo raggiunto Valparaiso in Cile ed io resterò a bordo fino al 15 giugno: dovrei sbarcare ad Acapulco in Messico dove riceverò il cambio».

I ricordi

Un tuffo al cuore. «Di Chiaravalle, delle Marche mi manca tutto, soprattutto il ciambellò de Memma, una specialità che qui posso solo sognare. Spero di essere trasferito presto ad Ancona, alla compagnia sanitaria». Intanto Paolo Pizzichini prosegue il suo viaggio sulla Vespucci cercando la sua rotta. Una delle sue canzoni preferite, Prospettiva Nevski di Battiato, recita “e il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Di albe e di tramonti Paolo Pizzichini ne può osservare a centinaia sull’oceano. E sogna e vive.

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