ANCONA - «Ti taglio la gola, do fuoco a casa. E se non fai la brava, faccio venire gli zingari». Quando beveva perdeva la testa. E anche il controllo. Calci, pugni, schiaffoni. Per un anno avrebbe fatto sprofondare all’inferno la compagna che nei primi mesi del 2023 aveva trovato il coraggio di ribellarsi alle violenze subite, di lasciarlo e di rivolgersi ai carabinieri per denunciarlo. Lui era finito pure in carcere per non aver rispettato il divieto di avvicinamento alla donna, disposto nel frattempo dal tribunale.
Il verdetto
Adesso lei, una 45enne anconetana d’origine romena, ha ricominciato a vivere.
«La situazione è degenerata nel corso del 2022 quando lui ha iniziato a bere tutti i giorni - ha raccontato in aula la vittima, assistita dall’avvocato Monica Clementi -. Mi insultava sempre, diceva che non ero una buona madre e che non sapevo fare niente. E poi mi minacciava: diceva che mi avrebbe tagliato la gola, che avrebbe dato fuoco alla casa e che avrebbe mandato gli zingari a trovarmi».
Il clou
L’episodio clou avvenne l’11 novembre del 2022. «Era tornato a casa ubriaco - ha riferito lei al giudice - e per non avere discussioni ho fatto finta di dormire. Lui si è messo a lanciare gli oggetti in camera e mi ha picchiato». Sarebbe stata presa per i capelli, colpita con calci alla schiena e pugni alla testa. A salvarla ci aveva pensato la figlia, intervenuta in sua difesa. Anche lei, insieme alla madre, si è costituita parte civile. Ma nei suoi confronti il reato di maltrattamenti è stato derubricato a minacce
. Sì perché il compagno della madre era solito rivolgere intimidazioni a entrambe, del tipo: «Vi butto l’acido addosso». Ascoltata in tribunale, la 45enne si era sfogata raccontando il suo incubo. «La sera - aveva confessato - non volevo tornare a casa perché sapevo di trovarlo ubriaco. E io non ce la facevo più, tanto che gli dissi che doveva andare via». La donna aveva riferito in aula anche di episodi di imbrattamenti e atti di vandalismo, denunciati ai carabinieri ma non inseriti nel capo d’imputazione, riconducibili al suo ex ma non dimostrati. L’uomo, difeso dall’avvocato Giulio Cola, ieri è stato condannato dal giudice Martina Marinangeli a 3 anni e 2 mesi di reclusione.