Il Misa è un mostro in letargo
Ritardano i lavori di messa in sicurezza

Il Misa è un mostro in letargo Ritardano i lavori di messa in sicurezza
di Maria Teresa Bianciardi
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Giovedì 16 Ottobre 2014, 12:42 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 19:38

SENIGALLIA - A vederlo adesso, sottile rivolo d'acqua in un letto di ghiaia semivuoto, sembra un inoffensivo rigagnolo. Ma il Misa è un mostro in letargo, pronto a gonfiarsi al primo temporale, ad allargarsi prepotente verso le sponde e a scavalcare gli argini travolgendo Senigallia e la sua valle.



E' successo cinque mesi fa, ma sembra ieri. E ogni volta che un'alluvione investe l'Italia e trascina via le esistenze, ecco che la spiaggia di velluto pare ancora intrisa del fango spalato a quintali dalle strade, dalle case, dalle aziende e anche l'aria diventa quella polverosa e pesante del day after. Drammatico il bilancio dell'alluvione del 3 maggio scorso: tre morti, 3.000 persone rimaste senza casa, più di 500 aziende inagibili, 2.400 auto da rottamare. E danni per 200 milioni di euro. Oggi sono Genova, Parma, la Maremma ma si declinano all'infinito come Senigallia: scene di un terrore che sembra non avere fine e di una prevenzione che non è mai decollata. Nelle Marche, nel cuore ferito del turismo regionale, ci si è mossi velocemente: l'arrivo del premier, di due ministri e del capo della Protezione civile ha contribuito a concentrare risorse e finanziamenti ma non ad accelerare al massimo l'iter burocratico dei lavori di messa in sicurezza del fiume.

Che dopo un primissimo intervento in emergenza è rimasto ad attendere le opere più massicce, quelle che dovrebbero neutralizzare la sua potenza devastatrice. Proprio in queste ore la Provincia ha appaltato una tranche di lavori nel tratto più a rischio, 500 mila euro e cento giorni di tempo.

“Tutti gli interventi saranno eseguiti - promette il sindaco Maurizio Mangialardi - e non terremo fermi i soldi che ci vengono assegnati aspettando il prossimo disastro”. Con l'accordo di programma sotto l'egida del ministro Gian Luca Galletti sono stati stanziati 2 milioni di euro per la sistemazione degli argini del fiume, 2,4 milioni per il rifacimento del ponte di Bettolelle e 400 mila euro per il completamento delle vasche di espansione: “Soldi che sono in un capitolo di contabilità speciale disposizione dell'autorità di bacino - spiega Mangialardi -. L'assegnazione di questi finanziamenti avverrà in tempi brevi”. Il tallone d'Achille, il nervo scoperto del disastro a Senigallia, riguarda la popolazione e le aziende messe in ginocchio dall'alluvione.

“Con la Caritas il Comune ha coperto 800 mila euro di danni subiti dai residenti a Senigallia che abitano al piano terra, mentre con Unioncamere siamo riusciti a sostenere le aziende che hanno avuto danni sotto i diecimila euro. Poi abbiamo sistemato le scuole, riaperto la piscina comunale e domenica inaugureremo il palasport ristrutturato. Ma non sarà facile - ammette il primo cittadino - ottenere grandi coperture finanziarie per i privati. In sei mesi l'Italia ha subito alluvioni e catastrofi per tre miliardi di euro”.

Approvato lo stato di emergenza Senigallia si è vista assegnare cinque dei dieci milioni di euro stanziati per le Marche: soldi già arrivati a destinazione e serviranno a coprire le ingenti spese sostenute dall'amministrazione per smaltire 10 mila tonnellate di fango e rifiuti, per ripristinare il fosso Sant'Angelo sul mare e gli interventi di ripristino dei danni subiti dal territorio. Una parte verrà anche destinata alle 430 famiglie sfollate per il rientro nelle abitazioni. Ci sono voluti cinque mesi per tirare le somme del disastro e dieci giorni per ripulire a tempo di record una città che si stava tirando a lucido per la stagione estiva. Ma le ferite più profonde sono quelle che non si vedono e sono lì, dentro le case dei senigalliesi dove i muri ancora trasudano umidità, fra le stanze svuotate di mobili ed elettrodomestici, nei bauli fradici in cui si sono persi i ricordi di intere generazioni. In via Arceviese, dove il fiume ha divorato l'argine e con un'onda di quasi due metri ha travolto le abitazioni trascinando via l'impossibile, ad ogni pioggia si guarda al Misa con terrore: “La mattina del 3 maggio ero qui fuori e ho visto l'acqua che all'improvviso ha scavalcato l'argine e si è diretta verso le nostre case - racconta Giancarlo Rossetti -. Abbiamo fatto in tempo ad entrare e a salire al piano superiore mentre il fiume travolgeva ogni cosa”. Anche Borgo Bicchia, il simbolo della catastrofe, pare essersi risollevata. La frazione non mostra più i segni dell'inondazione e del suo tragico tributo di vite, ma sembra un rione svuotato nell'anima. Non fosse per il comitato alluvionati che tutti i lunedì si riunisce per tenere informati i residenti di quello che si sta facendo e delle agevolazioni in grado di alleggerire un peso economico non indifferente. Non fosse per la solidarietà, tanta, che riscalda i cuori e restituisce la speranza per un futuro che sembra davvero ancora molto lontano.

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