SENIGALLIA Non solo l’allarme partito in ritardo, le mancate comunicazioni, il sistema d’allerta sulle piene dei fiumi inadeguato e i piani comunali di protezione civile non aggiornati. L’apocalisse di acqua e fango che la sera del 15 settembre 2022 devastò le vallate del Misa e del Nevola provocando 13 vittime poteva essere evitata anche con una migliore manutenzione dei due corsi d’acqua (anche togliendo gli alberi dagli alvei) e delle loro sponde e costruendo e meglio i ponti che davanti alla piena hanno fatto da strettoie favorendo l’esondazione. Compreso il nuovissimo ponte 2 giugno di Senigallia - intitolato alle vittime della strage della Lanterna Azzurra - che ora il Comune medita di sollevare con dei martinetti.
Così, dopo gli inviti a comparire spediti a fine ottobre a 14 tra funzionari della Protezione civile regionale, dei vigili del fuoco e a sindaci della vallata, sono stati notificati ieri 23 avvisi di chiusura indagini in cui si ipotizzano i reati, commessi in cooperazione (a vario titolo) di inondazione colposa (reato contestato a tutti gli indagati) e omicidio colposo plurimo e lesioni colposi, reati invece ipotizzati per 19 indagati, ma non per i quattro chiamati in causa solo per l’esondazione del Misa all’altezza del ponte 2 giugno che non fece vittime.
Le contestazioni
Nel mirino della Procura dell’Aquila, che ha ereditato l’inchiesta sull’alluvione da Ancona per la presenza tra i danneggiati di un magistrato in servizio nel tribunale dorico, in questo fascicolo bis sono finiti tecnici e funzionari della Regione Marche e del Genio Civile, della Provincia di Ancona, del comune di Serra de’ Conti e soprattutto del Consorzio di Bonifica Srl che con le loro condotte negligenti ed omissioni - almeno secondo le ipotesi contestate dal pm aquilano Fabio Picuti in base alle indagini dei carabinieri forestali - avrebbero involontariamente causato l’alluvione.