Le emissioni del futuro termovalorizzatore di Roma saranno «risibili, non ci sono rischi per la salute» a tal punto che, per fare un paragone, ha un maggior impatto sull’ambiente una di quelle discariche abusive abbandonate lungo la strada a cui viene dato fuoco. Luca Mariotto, direttore del settore ambiente di Utilitalia (l’Associazione delle imprese idriche, energetiche e ambientali), fa questo paragone per cercare di spiegare come potrà essere il nuovo impianto della Capitale. Intanto vanno avanti le interlocuzioni tra Comune e Palazzo Chigi per velocizzare la realizzazione del termovalorizzatore. Il Governo e il Campidoglio stanno studiando alcune norme in questa direzione. In primo luogo bisogna far rientrare il nuovo impianto tra le opere straordinarie per il Giubileo, anche per sfruttare le procedure di autorizzazione agevolate che l’esecutivo ha già concesso al sindaco Roberto Gualtieri come commissario all’organizzazione dell’Anno Santo. E sono deroghe che riguardano anche i vincoli paesaggistici o lo stesso piano regolatore capitolino.
Altro nodo è bypassare il piano regionale dei rifiuti, che di fatto non prevede altri termovalorizzatori rispetto a quello esistente.
L’IMPIANTO
La struttura si trova a Amager, è a 5 chilometri in linea d’aria da Radhuspladsen, la piazza cuore della capitale danese. L’impianto ha un’altissima efficienza. Usa più del 99% dell’energia dei rifiuti che lo alimentano, riduce le emissioni di zolfo del 99,5% e minimizza di un decimo quelle degli ossidi di azoto. «Di fatto un inceneritore di ultima generazione ha una grande capacità di efficienza energetica – precisa Mariotto – Quello di Copenhagen rappresenta un miglioramento rispetto al loro vecchio impianto, vecchio ormai di quaranta anni e che è stato dismesso nel 2017». «Oggi – prosegue - tutte le grandi città europee hanno impianti di questo genere. I sistemi di abbattimento dei fumi e delle polveri vanno ad ridurre le emissioni in maniera quasi assoluta, raccogliendo le polveri e gli inquinanti, i nitrati, i solfati e anche le diossine, che di fatto vengono emesse in quantità neanche rilevabile dal punto di vista statistico. In sostanza, fa molto peggio un insieme di rifiuti a cui viene dato fuoco lungo una strada». Le polveri che sono il risultato della combustione vanno divise in due grandi categorie: quelle pesanti e quelle leggere. Per le prime, dice Mariotto, «più dell’80% vengono utilizzate per realizzare aggregati edilizi o per costruire i fondi stradali. Da queste ceneri si recupera tutto, anche il metallo». Le altre sono le ceneri leggere che, spiega, «sono di qualche punto percentuale», e la cui quantità «dipenderà dalle tecnologie e dal sistema di abbattimento adottato a Roma». Quindi, più si avrà a che fare con un impianto di nuova generazione più queste si ridurranno.