La vicenda era entrata in aula di tribunale un anno fa, quando i writers si erano rivolti al giudice sperando che la loro vicenda potesse fare scuola. In ballo c'era un "patrimonio" (ora si può ben dirlo) dalla storia singolare. Tutto iniziava nel 1993, quandoil quartiere era stritolato nella morsa dalla criminalità e Jerry Wolkoff, proprietario degli edifici al 45-46 di Davis Street, tra la ferrovia e Jackson Avenue, permise a un gruppo di artisti di strada di decorare le pareti esterne con una serie di murales. Pensare che prima della distruzione i magazzini su Jackson Avenue, proprio davanti al museo di arte contemporanea PS1, avevano rappresentato un raro esempio di collaborazione tra immobiliarista e artisti di strada.
Poi che cosa è successo? Perchè la scelta di imbiancarli? Money. Soldi. Business. 5Pointz in un certo senso è diventata "vittima" del suo stesso successo, aiutando a trasformare Long Island City nel vivace quartiere residenziale che è oggi. Ed è stato così che a Wolkoff è venuta l'acquolina in bocca. Il proprietario aveva ottenuto dal comune l'autorizzazione al progetto immobiliare che avrebbe raso al suolo l'avamposto artistico autogestito per costruire due grattacieli con appartamenti di lusso. E così, via ai lavori. La notte del 2013 il complesso fu imbiancato con la protezione della polizia.Perfino il "re dei writer" Banksy aveva cercato in extremis di ottenere la grazia. Nel 2014 arrivarono le ruspe. Adesso, a cose fatte, la rivincita dei writers. Distruggere uno dei nuovi poli della graffiti art a New York d'ora in poi non sarà più così facile.
La sentenza su 5Pointz, ha detto il legale dei writers Eric Baum, «rappresenta una legacy per generazioni di artisti a venire».