Tutti i pagamenti di Del Prete le intercettazioni lo inchiodano

Tutti i pagamenti di Del Prete le intercettazioni lo inchiodano
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Giovedì 15 Luglio 2021, 05:01
LE INTERCETTAZIONI
All'esito dello scrutinio finale, nella tornata delle amministrative del 5 giugno 2016, l'obiettivo era stato raggiunto: Matteo Adinolfi, capolista di Noi con Salvini, aveva conquistato 449 voti diventando consigliere comunale. Eppure il numero di preferenze che il candidato aveva ottenuto nei seggi del plesso di via Gran Sasso, in cui votavano tutti i cittadini residenti nella zona di influenza del clan Di Silvio, avevano raggiunto la somma totale di 33, ben al di sotto della soglia promessa da Agostino Riccardo che inizialmente era di 80 voti poi di 200. Ma tutto ciò scrive il gip di Roma Bernadette Nicotra è irrilevante ai fini della consumazione del reato. Quello che invece qualifica il reato di scambio elettorale politico mafioso è la ricostruzione dettagliata di tutti i contatti intercorsi tra il rappresentante dei rom Agostino Riccardo, referente per la politica, l'imprenditore Raffaele Del Prete e il suo collaboratore Emanuele Forzan. Del Prete scrive il gip è consapevole che il clan mafioso di riferimento della città di Latina è il clan Di Silvio che, avvalendosi della forza di intimidazione, riesce a controllare un pacchetto considerevole di voti in alcuni quartieri di Latina dove ha un predominio forte e radicato. Il collaboratore spiega che negli ultimi 10 giorni della campagna elettorale fu chiamato da Del Prete il quale gli disse chiaramente di essere interessato all'elezione del primo candidato della sua lista (Noi con Salvini) e che era disposto a pagare dai 100 ai 150 a voto. E sbilanciandosi Agostino Riccardo gliene promise 200. Quindi Del Prete aprendo un cassetto in cui ci saranno stati 150mila euro in contanti racconta agli investigatori nel 2018 me ne diede 15mila. Ad Armando ne diedi 10mila e li divise con i figli sapendo che avrei dovuto avere un'altra tranche. Ci fu un incontro al bar dello stadio e un altro al Pontesilli, con la relativa consegna di 2mila euro, altri 5mila per iniziare la campagna elettorale e due tranche da 15mila euro. Ma il giorno prima del voto Armando Di Silvio assicurò altri 40 voti a Matteo Adinolfi e comprati per altri 10mila euro che dovevano coprire anche il servizio di affissione dei manifesti oltre la mezzanotte, quando era ormai proibito. Quanto alla conoscenza di Del Prete dell'intraneità al clan di Agostino Riccardo deve rilevarsi come tale circostanza risulti esplicita scrive ancora il gip, che parla anche di consapevolezza che la spendita del nome del capo clan era di per sé bastevole nei quartieri controllati dal clan per indurre elettori a votare per il candidato indicato. Lo dice chiaramente lo stesso Agostino, che le persone venivano convinte innanzi tutto perché noi eravamo il clan Di Silvio, poi in altre circostanze bastava mettere i bigliettini con il nome del candidato in una busta con i soldi, anche 150 euro. L'accordo era questo: i voti portati da Riccardo sarebbero stati espressi con il nome Adinolfi scritto con la A maiuscola mentre quelli di Armando con il nome scritto in corsivo. Nonostante le perplessità manifestate più volte da Emanuele Forzan il patto criminale si chiude così. E la stessa consapevolezza di Del Prete nel trattare con i Di Silvio il gip la riconosce anche per lo stesso Adinolfi, tanto che, in una conversazione in cui gli viene presentata la coppia Luca Troiani e Silvana Di Silvio (figlia di Ferdinando il Bello) prospettando il loro appoggio, il candidato non sembra esserne preoccupato. Come si chiama lei? chiede, lei è Di Silvio, per dinci, Di Silvio proprio?.
La.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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