«Marco Di Lauro non è pazzo», battaglia di perizie sul boss a Napoli

Per i giudici il quarto figlio del “padrino” Paolo può essere processato, i difensori sostengono la tesi opposta

L'arresto del boss Marco Di Lauro
L'arresto del boss Marco Di Lauro
di Leandro Del Gaudio
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Giovedì 5 Ottobre 2023, 23:31 - Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 20:03

La sintesi, almeno nelle linee essenziali, è questa: «Marco Di Lauro può stare a giudizio, può essere processato», al netto di alcune anonalie comportamentali emerse in questi mesi. Parla il perito della Corte di assise appello di Napoli, a proposito delle condizioni di salute - sotto il profilo psicologico - del quarto figlio del padrino della camorra napoletana, l’ormai famigerato Paolo Di Lauro.

È imputato per l’omicidio di Ciro De Magistris, consumato nel corso della prima fase della faida del 2004, ma sul suo caso è scontro tra esperti. In sintesi, per il perito della Corte di assise appello (presidente Acierno, Alabiso a latere) Marco Di Lauro può essere processato, mentre diversa è la conclusione della consulente della difesa: «Rifiuta i rapporti con il mondo - spiega la specialista - Marco Di Lauro non è capace di stare a giudizio, serve un approfondimento delle sue condizioni di salute».

Uno scontro, che va raccontato alla luce di quanto emerso in questi mesi. Detenuto dal 2019, dopo circa 14 anni di latitanza, Marco Di Lauro negli ultimi tempi ha mostrato segni di malessere, nel chiuso della cella del carcere di Sassari: «Adesso basta, lei ha l’elettronica e mi puoi infettare». Ma anche altre parole sconnesse e prive di senso, con cui Di Lauro jr sostiene «di parlare con Dio», oltre a rifiutare progressivamente il cibo, «perché anche i panini possono essere infettati dall’elettronica». Una vicenda che ha spinto la Corte di assise ad affidare il caso a un perito della Corte, a proposito della capacità di stare a giudizio dello stesso imputato. Difeso dal penalista napoletano Gennaro Pecoraro, il quarto figlio di Paolo Di Lauro diventa un caso clinico prima ancora che giudiziario.

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Sembra un copione già visto, alla luce di quanto avvenuto alcuni anni fa al fratello Cosimo, ritenuto il vero e proprio regista della faida che ha provocato circa sessanta omicidi in pochi mesi. Ricordate cosa è accaduto a giugno del 2022? Cosimo Di Lauro venne trovato morto nel carcere di Opera, dopo un lungo calvario provocato dall’aggravarsi della sua malattia psichica. Da anni rifiutava cibo, non partecipava ai processi nei quali era imputati, fumava centinaia di sigarette al giorno, in condizioni igieniche pessime. Aveva da tempo interrotto i rapporti con la famiglia, probabilmente in preda a stati di delirio che lo hanno portato alla piena dissociazione dal mondo reale. E non è un caso, che - dopo il confronto in aula tra periti e consulenti - la Corte ha accordato all’avvocato Pecoraro di presentare una nuova memoria nella quale si fa riferimento alle cartelle cliniche di Cosimo Di Lauro.

 

Appuntamento in aula il 14 novembre, in una vicenda destinata a riaccendere i riflettori sulla dynasty nera della camorra napoletana. Tutto ha inizio nel 2002, quando viene spiccato un ordine di arresto per Paolo Di Lauro, all’epoca noto come Ciruzzo ‘o milionario, come boss del narcotraffico dell’area metropolitana napoletana. Nei successivi due anni, si rompono gli equilibri nei rapporti tra il clan Di Lauro e le altre famiglie che storicamente importavano droga dalla spagna. È la faida. Che nasce da un progetto di Cosimo, che puntava a svecchiare la camorra, a rottamare i vecchi soci del padre, pretendendo di inserire personaggi di sua stretta fiducia nelle aree a nord di Napoli. Un progetto delirante, che produce la reazione con l’omicidio di Montanino, amico fraterno di Cosimo Di Lauro.

Il resto è storia, roba a metà strada tra indagini giudiziarie e manicomio criminale. Una sessantina di omicidi dopo il delitto di Montanino, Cosimo Di Lauro viene arrestato nel famigerato terzo mondo, il rione dei fiori, avamposto storico del clan di famiglia. Per ore vennero gettate pietre, vasi di piante e pezzi di arredo domestico (tra cui lavandini e rubinetti) contro i carabinieri che passavano al setaccio le case popolari del «terzo mondo». Anni dopo, la morte in cella, dopo una lunga detenzione al carcere duro. Ora c’è un caso che riguarda Marco Di Lauro, che - stando a quanto emerge dalle indagini - è la figura più mite della famiglia di Secondigliano. Un personaggio calmo, lontano dal cliché del camorrista maledetto che era incarnato da Cosimo (sua la foto dell’arresto in posa da Brandon Lee, con capelli raccolti e impermeabile di pelle nera). Per anni ha vissuto una latitanza in un condominio di via Scaglione, finendo poi agli arresti dopo la confessione di Tamburrino, sua guardia del corpo, che aveva ucciso la moglie Nora. Da allora, la chiusura di F4, il quarto figlio di Paolo Di Lauro. E l’inizio di uno scontro in aula dove, per il momento, l’imputato viene ritenuto capace di stare a giudizio. 
 

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