Testa rasata, giacca e cravatta e saluto nazista. L'attentatore di estrema destra Anders Behring Breivik, condannato a 21 anni di carcere in Norvegia per aver ucciso 10 anni fa 77 persone - tra cui decine di giovanissimi laburisti - ha approfittato per l'ennesima volta di un'udienza per esprimere ancora i suoi deliri, trasformare il processo in uno show e soprattutto far parlare di sé. Stavolta, in mano, sulla giacca e su una 24 ore, aveva tre cartelli, tutti con la stessa scritta in inglese: «Cessate il vostro genocidio conto le nostre nazioni bianche». L'occasione era la richiesta di libertà condizionale, davanti a tre giudici in collegamento con la palestra del carcere di Skien dove Breivik è detenuto.
Killer Utoya, saluto nazista in Tribunale
La sentenza è attesa non prima di giovedì, ma le chance che la domanda venga accolta sono remote, in un Paese che ha a cuore lo stato di diritto ma che non assisteva a un livello così estremo di violenza dalla Seconda Guerra Mondiale.
Nel corso degli anni, l'ormai 42enne, che in prigione vive in tre celle con tv e dvd, videogiochi e una macchina da scrivere, ha ammesso soltanto di essersi fatto «radicalizzare» da terzi e di essere stato solo un burattino del movimento neonazi Sangue & Onore, cui ha imputato la reale responsabilità degli attacchi. I sopravvissuti e i familiari delle vittime temevano nuove provocazioni da Anders Breivik, che puntualmente si sono verificate, e hanno criticato l'attenzione mediatica che è gli viene dedicata a ogni sua apparizione. «Breivik non dovrebbe andare in tv non perché sia scandaloso o doloroso, ma perché è il simbolo di un'estrema destra che ha già ispirato diverse altre uccisioni di massa», ha scritto su Twitter la sopravvissuta Elin L'Estrange. A Breivik, infatti, si ispirò tra gli altri anche l'attentatore di Christchurch, in Nuova Zelanda, che il 15 marzo 2019 uccise 51 persone sparando all'impazzata in due moschee durante il venerdì di preghiera.