Porre fine alla corsa agli armamenti, costruire la pace con il dialogo, costruire ponti e non muri e aprire le porte e i cuori a chi cerca pane e un rifugio. Nel tradizionale messaggio di Pasqua “Urbi et Orbi”, il Papa guarda alle zone più 'caldè del pianeta, quelle dove le popolazioni sono sopraffatte dalla guerra e dalle ingiustizie. E come in una via crucis snocciola, una ad una, le situazioni più drammatiche chiedendo ai governanti di trovare una soluzione. Il pensiero va allora alla Libia, alla Siria e allo Yemen, investiti da conflitti antichi e recenti. Al Medio Oriente, «lacerato da continue divisioni e tensioni» e per questo il Papa chiede in particolare ad Israeliani e Palestinesi di «alleviare tante sofferenze» e «perseguire un futuro di pace e stabilità».
Ma il pensiero del Papa latinoamericano va anche al Venezuela dove «tanta gente è priva delle condizioni minime per condurre una vita degna e sicura a causa di una crisi che perdura e si approfondisce». Nella geopolitica del messaggio del pontefice ci sono poi le crisi del continente africano (Burkina Faso, Mali, Niger, Nigeria e Camerun), le incertezze in Sudan e il difficile dialogo avviato tra le parti contrapposte in Sud Sudan proprio con il recente incontro in Vaticano. E ancora: il conflitto in Ucraina e le tensioni in Nicaragua. Il pontefice chiede con forza lo stop alla vendita di armi e si rivolge direttamente per questo ai «Paesi economicamente più avanzati».
Ma l'appello del Papa alla pace e al dialogo investe non solo i governanti ma tutti: «Il Signore della vita non ci trovi freddi e indifferenti.
Faccia di noi dei costruttori di ponti, non di muri» e «apra i nostri cuori alla necessità dei bisognosi, degli indifesi, dei poveri, dei disoccupati, degli emarginati, di chi bussa alla nostra porta in cerca di pane, di un rifugio e del riconoscimento della sua dignità».