Amica Chips, arriva lo stop allo spot delle patatine al posto dell'ostia: «Offende le convinzioni morali, civili e religiose»

La pubblicità con le suore era finita nel mirino dell'Aiart che ne ha richiesto «l'immediata sospensione»

Patatina al posto dell'ostia, lo spot Amica Chips fa infuriare i cattolici: «Ritiratelo, è blasfemo». La polemica: «Provate a farlo con Maometto»
Patatina al posto dell'ostia, lo spot Amica Chips fa infuriare i cattolici: «Ritiratelo, è blasfemo». La polemica: «Provate a farlo con Maometto»
di Redazione web
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Martedì 9 Aprile 2024, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 16:38

La patatina al posto dell'ostia fa scattare la polemica. Si tratta del polverone sollevato dall'ultima campagna pubblicitaria di Amica Chips, il noto marchio di snack, finita nel mirino dell'Aiart che ne ha chiesto «l'immediata sospensione» dello spot, in quanto «offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti oltre che oltraggioso nel banalizzare l'accostamento tra la patatina e la particola consacrata». Dopo poche ore dalla bufera è ora arrivato lo stop da parte del Comitato di Controllo dell'Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap)

Lo spot «blasfemo»

Nei trenta secondi del video, uno dei tre ideati dall’agenzia Lorenzo Marini Group, un gruppo di novizie in un monastero si avvia in fila verso l'altare. Nel tabernacolo, una suora a corto di ostie infila una manciata di patatine nella pisside. La prima delle giovani religiose riceve la comunione dal prete, ma subito sgrana gli occhi, mentre si sente il suono croccante della patatina.

Le motivazioni

Secondo lo Iap la campagna pubblicitaria di Amica Chips è in contrasto con l'art.10 ed ha quindi ingiunto le parti coinvolte a desistere dalla diffusione di tale campagna ritenendola in "contrasto con il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, secondo cui: 'La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose'".

Ad avviso del Comitato il parallelismo che il messaggio instaura tra la patatina, descritta come 'il divino quotidiano', e l'ostia, che rappresenta evidentemente il divino, si sostanzia nella derisione del senso profondo del sacramento dell'eucaristia, rendendo più che ragionevole che il credente e non solo si senta offeso".

Il Giurì, si ricorda, "in molte sue decisioni ha sottolineato che l'art. 10 del Codice Iap è posto a tutela della sensibilità dei consumatori 'i quali hanno il diritto di non essere urtati nelle più profonde convinzioni da campagne pubblicitarie che essendo strumentali ad interessi di natura prettamente economica non devono confliggere con valori tendenzialmente assoluti e di rango superiore tra i quali un posto di primissimo rango compete alle convinzioni religiose, che il Codice di Autodisciplina protegge non già come un bene della collettività italiana o della sua maggioranza, bensì, in armonia con la Costituzione e sulla scia della concezione 'liberale' della tutela del sentimento religioso come un bene individuale, che viene riconosciuto, in modo assolutamente paritario, a tutti i cittadini, senza distinzioni di sorta fra le possibili opzioni religiose".

Il provvedimento del Comitato di Controllo "potrà essere opposto dalle parti ingiunte con motivata opposizione al Comitato di Controllo nel termine non prorogabile di sette giorni".

La polemica

Giovanni Baggio, presidente nazionale dell'associazione di telespettatori di ispirazione cattolica, definisce in una nota «penoso» il messaggio pubblicitario: «Il tentativo di risollevare un'azienda ricorrendo alla blasfemia».

Di qui la segnalazione dello spot all'Istituto di Autodisciplina pubblicitaria «in quanto 'contrario agli articoli 1 e 10, lealtà della comunicazione, convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona, del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale'». Per l'Aiart «è la spia di una sensibilità sociale ed indifferenza etica che non contraddistingue soltanto il comportamento di una azienda e di un pubblicitario. Ci si appella al politically correct e alla cancel colture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?». «Lo spot di Amica Chips è mancanza di rispetto e di creatività, oltre che spia dell'incapacità di fare marketing senza ricorrere a simboli che con il consumo e il croccante nulla hanno a che fare»: continua il presidente dell'Aiart. «L'offesa al sentimento religioso di qualunque confessione è la spia della mancanza di rispetto nei confronti degli utenti, della loro identità culturale e morale, della loro dignità di persona. Strappare, come fa il nuovo spot di Amica Chips, un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità. Per la serie, 'purché se ne parli'».

Le reazioni

La polemica è sbarcata anche sui social, dove sono stati duri i commenti degli utenti. Già si parla di boicottaggio ai danni del marchio delle patatine blasfeme, e Simone Pillon scrive: «Sono stanco di chi sfotte la fede cristiana per fare soldi e me ne guardo bene dal pubblicare lo spot blasfemo di Amica Chips, con le patatine nell'Eucaristia Valuteremo un esposto, e da oggi sceglierò solo altre marche. Una domanda ai titolari: a quando Maometto protagonista?».

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