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PESARO E’ stato il main sponsor Andrea Beretta di Carpegna Prosciutto ad annunciare coach Aza Petrovic, tra gli applausi e l’entusiasmo generale. Due pezzi da novanta, protagonisti della serata a Villa Cattani Stuart. «Nel 2019 il presidente Ario Costa mi disse che per un progetto vincente ci sarebbero voluti almeno tre anni di collaborazione e siamo al terzo – sorride Andrea Beretta -. Il primo anno abbiamo battuto un record, che ricordiamo tutti (una sola vittoria -ndr), il secondo abbiamo raggiunto una finale di Coppa Italia e per il terzo le aspettative sono leggermente più alte. Non ci sono mai stati dubbi sulla continuità del progetto. Crediamo, come famiglia, in questo prodotto, fiore all’occhiello nel mondo della salumeria italiana. Petrovic? Ho voluto dare una seconda possibilità ai coach croati (sorride -ndr), con il primo che ho conosciuto non è finita benissimo. La Regione Marche ci ha sempre dato una mano per fare un business buono e sano, la collaborazione dura da 5 anni», termina Beretta.
«Ho mangiato il vostro prosciutto oggi, è buono!», ha risposto Petrovic, preparato e simpatico.
Petrovic ha presentato il suo staff: il vice è il brasiliano Bruno Savignani, il secondo assistente è il confermato Luca Pentucci, il preparatore fisico è Roberto Veneranti, tutti in prima fila. «Ario è la persona che mi conosce meglio. Negli ultimi 7-8 anni a fine campionato mi chiamava sempre: “Aza, sei pronto?”. Non ho mai potuto dirgli di sì per il lavoro, ma due mesi fa le cose sono cambiate. In 15 secondi abbiamo chiuso e ci siamo visti con Andrea, Walter, Stefano e Ario a Roma. Voglio una squadra intensa, con cuore, regole difensive e tanta libertà in attacco. Chiedo un po’ di pazienza e tutti si innamoreranno di noi. Non mi importa solo vincere, ma far vedere un bel gioco». Aza prosegue: «Il taglio a Pesaro è stato uno dei giorni più difficili della mia vita assieme a un altro che immaginerete (la scomparsa del fratello Drazen - ndr). Ero convinto di poter giocare 4-5 anni fuori dalla Jugoslavia, ma purtroppo non è stato possibile. Sono tornato a casa e dopo un anno ho smesso. Ora il cerchio si chiude». Rimpianti per Tokyo? «Fossi andato in Giappone, magari Amadori mi avrebbe mandato una barca in Croazia per venire a prendermi dopo le Olimpiadi», chiude con una battuta Petrovic.
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