Il toccante ricordo: «Sinisa, amico mio, non meritavi tutto questo»

Il toccante ricordo: «Sinisa, amico mio, non meritavi tutto questo» (Nella foto: Mihajlovic e Gianluca Fenucci)
Era un “hombre vertical” Sinisa Mihajlovic, volato via oggi, 16 dicembre, nel giorno del mio compleanno. Lo conoscevo bene e molto bene gli volevo; lo stimavo, lo...

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Era un “hombre vertical” Sinisa Mihajlovic, volato via oggi, 16 dicembre, nel giorno del mio compleanno. Lo conoscevo bene e molto bene gli volevo; lo stimavo, lo apprezzavo, lo studiavo visto che allenare era la passione che ci accomunava. Per me era più di un allenatore, dell’allenatore del “mio” Bologna, era uno dei miei allenatori preferiti. Se n’è andato uno vero, uno tutto d’un pezzo, uno che quella malattia bastarda ha sconfitto ma che vinto non sarà mai. Una malattia infame e subdola che si era portata via anche Flavio (Falzetti), un altro amico che era stato mio calciatore alla Monturanese in serie D. Osvaldo Soriano, il grande scrittore argentino, non avrebbe avuto dubbi nel definirlo un “hombre vertical”, un uomo vero e autentico, che sotto la scorza all’apparenza dura nascondeva un cuore sensibile.

 

Sinisa era uno di quelli che in questo calcio contemporaneo di stucchevoli tiki taka, di tecnologie iperboliche, di fenomeni da baraccone, di urlatori professionisti, c’entrano poco, anzi nulla. Sinisa era uno controcorrente, non incline a compromessi e ruffianerie in un calcio ormai pieno di stereotipi, di vigliacchi, di falsi e di impostori. Con Sinisa se ne va un pezzo anche di me. Un pezzo abbastanza grande di me. Lo avevo salutato a Venezia alla fine del campionato scorso, dopo una partita senza importanza, e avevo scambiato con lui commenti tecnici e pensieri liberi. Era un match di fine campionato e il risultato non aveva valore: il Bologna era salvo da tempo, il Venezia era già in B. Eppure Sinisa era lì, in panchina, con la mascherina, smagrito e ingiallito in volto, ma in panchina. Come è sempre stato in panchina nelle prime 5 giornate di questo campionato.

Ed io gli ero vicino, appena un passo dietro, nella tribuna del Dall’Ara, dove il compassionevole Daniele Corazza, responsabile del settore giovanile rossoblù, mi fa spesso seguire le partite: c’ero sia il 20 agosto in Bologna – Verona che l’1 settembre, il giovedì di Bologna – Salernitana. Finirono entrambe 1 a 1 e per i rossoblù del mio cuore segnò sempre Arnautovic. Non bastò neppure il 2 a 2 del 4 settembre successivo a Spezia a salvargli la panchina: la dirigenza lo esonerò e io ne rimasi turbato.

Non lo meritava, non solo per tutto ciò che aveva dato, ma anche e soprattutto per ciò che stava facendo in quest’anno maledetto. Sapevo delle difficoltà, sapevo che la malattia era tornata ad aggredire ma Sinisa era comunque lucido e amava la sua squadra, lottava come un leone. Oggi, nel giorno del mio compleanno che non riesco a festeggiare, Sinisa se n’è andato. E il mio cuore è in frantumi. Io, ogni domenica, nelle mie umili partite del campionato di Eccellenza marchigiano, lo porterò nel taschino della tuta e giocherò con lui nel cuore.

Gianluca Fenucci 
(giornalista, allenatore Marina Calcio)

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Corriere Adriatico