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ASCOLI - Elena Sofia Ricci torna in teatro. Dopo quasi due anni di attese di rimandi, di silenzi, di isolamenti. Cosa si prova?
«Salire di nuovo in palcoscenico mi ha fatto battere il cuore, mi ha fatto piangere. Il mio è un grandissimo amore: io sono nata, mi sono formata in teatro. È questa la mia clinica di bellezza. La lunga chiusura è stata dolorosa per tutti noi e per qualcuno è stata tragica. Tornare con questo testo poi è stata una predestinazione: il mio personaggio è quello di un’attrice che ha bisogno di recitare per continuare a vivere. Alexandra ha la mia stessa età e teme i segni del tempo, sarà molto emozionante per me».
Cosa l’attirava in particolare di Alexandra Del Lago, questa donna così viscerale descritta da Tennessee Williams?
«Questo è il mio terzo incontro con Williams.
Lei è da sempre attenta al dolore delle donne: pensiamo non solo a teatro ma al cinema. Alcuni suoi ritratti sono stati straordinari: pensiamo a “Io e mia sorella” di Verdone, “Mine vaganti” di Ozpetek, “Loro” di Paolo Sorrentino.
«Con Ferzan sono appena tornata per qualche scena da girare nella serie televisiva “Le fate ignoranti”: mi ha voluta varie volte, ci siamo sempre molto divertiti e lo ringrazio ancora. Il film con Sorrentino invece è stato complesso. La scena dell’addio è stata girata molte volte ed io ero così coinvolta, perché nella fine del rapporto d’amore tra Berlusconi e Veronica Lario io ho visto tutto il dolore che accompagna la fine di ogni storia d’amore. Ho fatto tanti provini per ottenere quel ruolo: non era scontato, anzi ho faticato molto per ottenere la parte. Ma sono felice di come sia andata, al di là poi del bellissimo premio ricevuto, il David di Donatello. Adesso sono ansiosa di vedere il suo ultimo film».
Lei si batte sempre molto per cause sociali e civili.
«Tutti hanno sempre detto che avremmo dovuto batterci per i tecnici, per gli operatori dello spettacolo che restavano senza lavoro. È vero, ma ho visto tantissime persone - nella musica, nella danza, nell’arte – arrivare a non farcela. Spero che questa battaglia, già passata alla Camera, possa approdare in Senato e possa far diventare il 23 ottobre la “Giornata nazionale dello spettacolo” affinché tutti possano avere, all’interno di questo settore, una sorta di patente di chi lavora. A volte le difficoltà degli altri ci passano accanto e non ce ne accorgiamo». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico