“Tutto brucia”, torna Motus. Da Euripide all’impeto visionario attraverso i corpi di tre straordinarie performer

“Tutto Brucia” di Motus sarà domani sera al teatro Sperimentale di Pesaro(FOTO CLAUDIA BORGIA - UFFICIO STAMPA)
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PESARO - Atteso ritorno a Pesaro, al teatro Sperimentale domenica 29 maggio alle 21, di uno dei gruppi tra i più amati e seguiti a livello internazionale: Motus, diretto da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, proporrà l’ultima sua dirompente creazione “Tutto brucia”, con Silvia Calderoni, Stefania Tansini e R.Y.F.(Francesca Morello) alle canzoni e musiche live.

 
La riscrittura
“Tutto brucia” è una vigorosa riscrittura delle Troiane di Euripide attraverso le parole di J.P. Sartre, Judith Butler, Ernesto De Martino, Edoardo Viveiros de Castro, NoViolet Bulawayo, Donna Haraway. Silvia/Ecuba sussurra queste parole intrecciate alle musiche e lyrics di R.Y.F. (Francesca Morello), Stefania squarcia l’aria con un pesante coltello e un falcetto contadino, come nei riti collettivi di cordoglio scomparsi del sud Europa. Basta forse questa immagine per entrare in Tutto Brucia. «Il lamento si propaga attraverso quel Mediterraneo nero che, allora come oggi, è scena di conquiste dell’Europa coloniale, di migrazioni e diaspore. Tra le rovine di uno spazio vuoto e stravolto – si legge nelle note della compagnia - , coperto da cenere e cadaveri dimostri marini, dove tutto è già accaduto, emerge la questione della vulnerabilità radicale. Il corpo rotto di Ecuba, la parola profetica di Cassandra, che vede oltre la fine, il grido spettrale di Polissena, l’invocazione ai morti di Andromaca, le violenze subite da Elena e infine il corpo più fragile e inerme, quello del bambino, Astianatte, danno voce ai soggetti più esposti e vulnerabili. E agli spettri che le/ci assediano. Mai come adesso il lutto ci appare come una questione politica. È attraverso il dolore che le protagoniste nella scena tragica si trasformano materialmente, divengono altro da sé: cagna, pietra o acqua che scorre, elaborando la violenza subita. Una metamorfosi che apre verso altre possibili forme. E scrive il mondo che verrà. Perché la fine del mondo non è che la fine di un mondo». 


Motus ha fatto del superamento di tutti i confini fisici ed esistenziali il suo principale territorio di ricerca, «da tempo avevamo desiderio di continuare lo scavo, dopo il viaggio dentro l’Antigone – raccontano gli autori – fra le più caratteristiche figure femminili del tragico che ancora oggi riverberano. La ricerca è cominciata prima del lockdown e ora assume inevitabilmente altra luce e urgenza. La pandemia e il disastro climatico segnano la fine di un’epoca e Le Troiane iniziano con una fine. Ilio è già stata distrutta. Le donne, ridotte a bottino di guerra, di lì a poco partiranno per mare, schiave, verso territori stranieri». Un passato che ritorna, che è ritornato presente: «Durante la pandemia, le cerimonie per i morti sono state sospese, e i corpi sono stati sepolti d’ufficio, di nascosto, in silenzio, senza saluto. Lo stesso accade per i corpi migranti morti in mare, per i clandestini o per le prostitute giustiziate dal sistema della tratta. Tutto Brucia sarà inevitabilmente oscuro, ma colmo di abbacinante furore». L’impeto visionario dello spettacolo diventerà sostanza in scena attraverso i corpi delle tre straordinarie performer. 


Elisabetta Marsigli
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Corriere Adriatico