RECANATI - La dance del dj e producer recanatese Nicola Pigini scala le classifiche mondiali. È appena uscito il suo ultimo singolo dal titolo “I miss you”...
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Nicola, un altro successo da classifica?
«Sono molto soddisfatto, in effetti. Su Spotify sta andando molto bene e oltre a Bob Sinclar il brano viene proposto anche da altri dj del giro del Tomorrowland. Dunque ci sono buone prospettive».
Come mai la scelta di utilizzare il testo dei Blink182?
«La canzone esce ad un anno dalla scomparsa di mia nonna, così volevo dedicargliela. Il testo di “I miss you” dei Blink182 era il più rappresentativo. Così l’ho utilizzato, adattandolo ad una produzione dance che è il tratto distintivo di tutte le mie produzioni».
Vuol dire che la dance si apre al rock?
«In realtà la dance si sta aprendo a molti altri generi musicali. Oggi il panorama discografico è intasato da produzioni hip-hop e reggaeton. E anche l’house si sta contaminando di queste sonorità. L’incrocio con il rock, invece, risale a molto tempo fa. I Chemical Brothers ci hanno costruito una carriera».
Ma non si parlava di un ritorno degli anni ‘90?
«Ed effettivamente c’è questo ritorno, tanto che anche in questo brano ho utilizzato suoni che derivano dall’house music di quel periodo. Si tratta di campionamenti che strizzano l’occhio ad un sound vintage».
Il futuro dell’house music è tornare alle origini?
«Direi che il futuro sia più nelle contaminazioni. Ce lo ha già insegnato un maestro come Fatboy Slim. Tutta la sua produzione pesca da ambienti anche cari al rock, al soul o al surf degli anni ‘60. Oggi non esistono più certi confini o barriere tra generi musicali. Tutto si mescola e crea nuovi orizzonti sonori».
E nel mondo dei club cosa succede?
«La cartina tornasole è sempre Ibiza. Una volta erano le discoteche ibizenche a decretare le nuove tendenze che sarebbero poi state immesse nel mercato della dance mondiale. Oggi, invece, sono proprio quei club che subiscono l’onda d’urto delle mode, che attualmente vertono tutte sull’hip-hop e reggaeton».
E in Italia cosa succede?
«Più o meno è la stessa cosa. Anche se questa enorme offerta di nuovi artisti pop ha delineato una nuova scena che sta spopolando in tutto il Paese, e penso a band del circuito “indie” come Lo Stato Sociale, Ex-Otago, Calcutta, Thegiornalisti e molti altri».
Ha mai pensato di remixare questi artisti?
«Sinceramente no. Però, anche in questo caso, non è escluso che io possa utilizzare qualche campione di uno dei loro brani. Il concetto è sempre lo stesso: non ci sono più dei confini ben definiti tra i vari generi musicali. Le contaminazioni sono il futuro».
È di questi giorni la scomparsa di Keith Flint dei Prodigy. Pensa di omaggiarlo in qualche modo?
«Non ho in mente la realizzazione di un brano-tributo a Keith Flint, ma è probabile che utilizzerò dei loop presi dai pezzi dei Prodigy. In fin dei conti nei miei set, sia loro che i Chemical Brothers, non mancano mai. Hanno fatto la storia della musica elettronica e delle tante contaminazioni». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico