L’universo della grande Pina Bausch torna a rivivere a Pesaro grazie a “Moving with Pina” della ballerina e scenografa Cristiana Morganti

Cristiana Morganti, da più di vent’anni storica interprete del Tanztheater di Wuppertal, in scena a Pesaro con “Moving with Pina”, viaggio nell’universo di Pina Bausch
PESARO - L’universo del teatro danza della grande Pina Bausch torna a rivivere sul palco grazie a “Moving with Pina”, di Cristiana Morganti, in scena questa...

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PESARO - L’universo del teatro danza della grande Pina Bausch torna a rivivere sul palco grazie a “Moving with Pina”, di Cristiana Morganti, in scena questa sera alle 21 al Teatro Sperimentale di Pesaro. Il racconto-spettacolo di Morganti, giunto ormai alle ultime repliche, entra nel magico legame tra l’artista e il pubblico: il suo percorso, umano e artistico in un teatro di emozioni e stati d’animo, nel linguaggio di movimento che ha un retroterra di precisione maniacale e cura del più piccolo dettaglio.

 


Tra le compagnie frequentate da Cristiana, prima di fermarsi per 20 anni a Wuppertal dalla Bausch, c’è stato anche l’Odin Teatret di Eugenio Barba: «Ero molto giovane - racconta Morganti - quando vidi “Ceneri di Brecht” e ne rimasi impressionata. Quando ero alla scuola di Essen sentii il bisogno di avvicinarmi a una ricerca sulla voce e scrissi una lettera a Barba. Era curioso del fatto che una danzatrice volesse fare un’esperienza con lui e rimasi con loro per tre settimane. Si stabilì un bellissimo rapporto e anche lui fu felice quando iniziai a lavorare con Pina. Ero affascinata dal modo che Barba aveva di interagire con i suoi artisti ed ora che sono diventata coreografa, mi rendo conto come lui, la Bausch e tutto il mio percorso, faccia parte della mia valigia personale. Ciò che ho dentro viene dalle tante persone con cui ho lavorato».


Ma il lavoro della Bausch la colpì a soli 14 anni: «All’Accademia studiavo storia della danza e tra i tanti video che ci mostrarono rimasi profondamente folgorata dalla “Sagra della Primavera” di Pina. Tornai in biblioteca a noleggiarlo non so quante volte. Poi nel 1986 vidi “Victor” al teatro Argentina e quello fu il momento in cui capii cosa volevo fare nella vita. Mi resi conto di vedere in scena delle persone “normali”, danzatori che non davano l’impressione di esserlo e questo era impressionante perché quando iniziavano a danzare erano sorprendenti. Erano come pietre preziose, brillavano di bellezza e poesia».

In molti hanno tentato di imitare il lavoro della Bausch, ma senza arrivare all’essenza della sua ricerca: «Era una straordinaria danzatrice che vedeva e percepiva le cose attraverso il suo corpo: non era una regista che aveva tutto in testa, il suo lavoro non era legato solo al movimento o alla teoria. Quando lavoravi con lei non ti dava mai nessuna spiegazione: si partiva senza sapere dove sarebbe finita quella barca, ma solo che al timone c’era lei. I suoi movimenti non erano mai “decorativi”, ma raccontavano qualcosa, una storia. Era questo a riempirli di significato, a renderli onesti e veri e non messi lì a caso, in una intensa e profonda ricerca della verità».


Come mantenere nel tempo questa preziosa eredità? «Il suo lavoro era principalmente legato al suo istinto e questa cosa rimarrà sempre misteriosa per ognuno di noi. Il suo “montaggio” delle scene era fondamentale e misteriosamente magico: cose che apparivano banali, nella sua costruzione dello spettacolo diventavano strazianti o universali. Imitarla non porta al suo teatro. Quello che posso fare è fare quello in cui credo e soprattutto, essere Cristiana Morganti». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico