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PERGOLA - «Il nuovo Raffaello svelato a Pergola? Uno dei tanti non-Raffaello che fanno battere le agenzie, ma che non trovano accoglimento nella stampa scientifica accreditata, sensazionalismi di fine estate, che durano il tempo di uno, massimo due tweet». Ci va giù pesante Luigi Bravi, presidente dell'Accademia Raffaello sull'annuncio dell'attribuzione di un nuovo dipinto a Raffaello: «È una bufala», insiste, gelando gli entusiasmi di una domenica di metà settembre.
Il quadro in questione è una Maddalena con il volto di Chiara Fancelli la moglie del Perugino. L'opera, su tavola di pioppo di dimensioni 46 cm per 34 cm datata 1504, appartenente ad una collezione privata estera è stata attribuita all'artista di Urbino da un pool di studiosi.
E anche Vittorio Sgarbi, storico dell'arte e sottosegretario alla Cultura, giudica impossibile la notizia della scoperta di un presunto Raffaello. «Nessuna possibilità - taglia corto Sgarbi - che il dipinto propagandato come Raffaello, e annunciato a Pergola, città affettuosa, sia del maestro urbinate. L'opera annunciata come Raffaello è infatti una versione, forse autografa, di un prototipo di Perugino conservato a Palazzo Pitti, di cui si conosce un'altra versione alla Galleria Borghese.
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L'annuncio
L'annuncio è stato dato a Pergola, anticipando uno studio della rivista scientifica "Open Science, Art and Science". Tra gli esperti intervenuti alla conferenza c'era anche madre Maria Cecilia Visentin, docente pontificia specializzata in iconografia religiosa dell'ordine dei Servi di Maria; Annalisa Di Maria, tra i massimi esperti internazionali di Leonardo da Vinci e del Rinascimento italiano, specializzata nella corrente neoplatonica, il professore emerito Jean-Charles Pomerol della Sorbona e Andrea da Montefeltro ricercatore e scultore. Di un ritratto della Maddalena esiste una versione del Perugino alla Galleria Palatina, e un'altra a Vila Borghese attribuita alla sua bottega.
La scoperta avvenuta con la tecnica dello “spolvero”
Secondo gli autori dello studio, la versione di Raffaello, lui stesso allievo del Perugino, sarebbe addirittura precedente. L'attribuzione al «divin pittore» si basa, tra l'altro sull'uso della tecnica dello «spolvero» per trasferire il disegno preparatorio, individuata dalle analisi di laboratorio eseguite da A.R.T. & Co, spin off dell'Università di Camerino con sede ad Ascoli Piceno. Inoltre la versione di Raffello viene ritenuta superiore dal punto di vista stilistico e tecnico, per grazia e armonia della composizione e per l'uso dello sfumato che evidenza l'influenza dei Leonardo da Vinci sul giovane pittore di Urbino. Infine, lo studio analizza anche le proporzioni matematiche usate da Raffaello. Secondo Annalisa Di Maria, il quadro rappresenta «una svolta: il pittore di Urbino trovò un suo linguaggio, affrancandosi dallo stile di Perugino».
Il presidente dell'Accademia Raffaello: «È un non-Raffaello»
Tuttavia il presidente Luigi Bravi frena gli entusiasmi e se il pool di esperti è certo di avere individuata un'altra opera dell'artista urbinate, lui è altrettanto sicuro che quel quadro sia un «non-Raffaello». Una bufala insomma. A questo punto chi avrà ragione?
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