Nomadi in concerto nelle Marche. Carletti: «Spopoliamo da nord a sud ma in questa regione ci sentiamo a casa»

Beppe Carletti, leader storico dei Nomadi
Quasi sessant’anni di carriera (nel 2023) e non sentirli: i Nomadi continuano a viaggiare per l’Italia, e a collezionare piazze sempre piene. Oggi, domenica 11...

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Quasi sessant’anni di carriera (nel 2023) e non sentirli: i Nomadi continuano a viaggiare per l’Italia, e a collezionare piazze sempre piene. Oggi, domenica 11 settembre, alle ore 21, saranno nella piazza Bolivar di Folignano, per una delle tappe del loro “Solo esseri umani tour”.


Beppe Carletti, fondatore dei Nomadi, l’anno prossimo saranno 60 anni di carriera, qual è lo spirito?
«C’è tanta gioia. Tanta perché nel nostro gruppo, ognuno di quelli che ne ha fatto parte, e in totale fanno 24, ha dato qualcosa. Tutti hanno portato l’esperienza».

 
Il pubblico di tutte le età, anche i ventenni, non smette di amarvi, perché secondo lei?
«Innanzitutto è vero. Ci amano tutti. Stiamo spopolando ovunque, dal nord al sud, e per le isole. Ovunque c’è un mare di gente di tutte le età che viene ad ascoltare i Nomadi, nelle cui canzoni ci sono dei valori, profondi, non come alcune frasi di brani di oggi che forse non hanno un gran senso. Noi raccontiamo la vita e la storia d’Italia».
C’è ancora umanità oggi, secondo lei?
«Per me decisamente sì, altrimenti non la canteremmo. Vede, la nostra forza, da sempre è questa, cantare la vita».
E i valori…
«Sì certo, è quello che facciamo con le nostre parole. Se ci ascoltano anche i più giovani, vuol dire che c’è ancora voglia di profondità».
Tra 60 anni ancora si ricorderanno i Nomadi, ma la musica di oggi?
«Beh, l’esempio lo può dare “Io vagabondo”. Ancora oggi si balla, e sono passati cinquant’anni. Fra altrettanti ci sarà ancora, ma sulla musica di oggi ho i miei dubbi. Gli artisti si impegnano per carità, non voglio criticare, ma non mi fanno impazzire, non fanno parte della mia cultura. Se oggi piacciono ben venga. Comunque la musica quando è ben fatta è bella tutta, è arte».
Tutti vi conoscono per “Io vagabondo” o “Dio è morto”. Sono i brani che vi identificano?
«Indubbiamente sono i più noti, ma ce ne sono tanti altri, cantiamo la guerra, ma anche l’amore, e abbiamo il coraggio di farlo sempre con coerenza, rimanendo originali. Forse non saremo i più bravi, ma i più coerenti direi di sì. Se facessimo una canzone alla moda, probabilmente l’anno dopo nessuno la ricorderebbe. Mi creda, è difficile creare brani che durino nel tempo».
Il pubblico “vagabonda” tra le innumerevoli canzoni, qual è quella che ancora non avete scritto?
«Quella che faremo l’anno prossimo. Non c’è dubbio, e non c’è altra risposta».
Canterete sempre come negli ultimi 59 anni?
«Sì, saremo sempre noi stessi, il nostro stile è quello, fatto di originalità. Si vince solo con quello, e non con altro».
Carletti, lei e i Nomadi rifareste tutto?
«Io sì, e anche il gruppo, perché anche gli errori aiutano a crescere. Si impara molto da essi, e proprio da loro impari come non sbagliare di nuovo».
I Nomadi e le Marche…


«I Nomadi sono tutte le regioni di Italia. Quanto alle Marche, oltre al nostro Sergio Reggioli, ci piacciono molto perché c’è un grande affetto nella vostra regione. Quando siamo nelle Marche ci sentiamo come a casa, è come essere in famiglia. Per noi che giriamo, che facciamo tanti chilometri, è importante sentire l’affetto che avete nei nostri confronti. E che ricambiamo, come facciamo ovunque, raccontandoci con le nostre canzoni». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico