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La sintesi più efficace della splendida serata in musica, del concerto di Riccardo Muti e della sua ottima Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” che ha aperto al Teatro Pergolesi di Jesi (con replica ieri sera al Ventidio Basso di Ascoli Piceno) le celebrazioni del 250esimo anniversario della nascita di Gaspare Spontini, l’ha fatta lo stesso Maestro alla fine, quando con il microfono in mano ha tracciato in breve il significato del valore artistico e dell’influenza esercitata da due compositori di alto rango come Spontini appunto, e come Giovanni Battista Pergolesi, l’uno di Maiolati, l’altro di Jesi, sul mondo musicale del loro tempo e degli anni a seguire; stante l’ammirazione per entrambi, spesso in odore di venerazione vera e propria, di colleghi illustri quali Bach, Rossini, Wagner, Berlioz.
La felicità
Del resto - ha aggiunto il maestro - la storia della musica italiana è la più “lunga” del mondo, è la storia di grandi compositori che hanno fatto grande la storia musicale d’Europa.
L’esecuzione
Ma prima la parola era stata data alle splendide note del programma serale. Che aveva inizio con l’esecuzione dello “Stabat Mater” di Pergolesi, una composizione mirabile per ricchezza inventiva, vena melodica e patetica dolcezza, dove peraltro l’autore rifugge dalle facili suggestioni di certo cattolicesimo esteriore e formale vigente al suo tempo, ponendosi nei confronti del dramma che per la Madre di Dio si consuma sotto la Croce in un atteggiamento di sincera pietà, di commosso abbandono, di umana partecipazione: sentimenti, tutti, che con l’attento e sorvegliato tramite del direttore e dei suoi orchestrali, e per le voci soliste di ispirato lirismo del soprano Damiana Mizzi e del contralto Margherita Maria Sala, sono rifluiti all’ascolto nella pregnante ma accortamente misurata limpidezza del contenuto sonoro.
Il festeggiato
Spontini, il festeggiato, era presente in programma con due arie delle opere “Agnese di Hohenstaufen” e “la Vestale” (in francese), Agnese appunto e Julia: “No, Re del Cielo” per l’una e “Toi que j’implore avec effroi… Impitojables dieux” per l’altra. E a conclusione con l’ouverture della stessa “Vestale”. Due opere “La Vestale” (del 1807) e l’“Agnese” (del 1829), che segnano il passaggio tra lo stile della tragedia neoclassica e l’apertura alla spiritualità del nascente dramma ottocentesco romantico. Il soprano Lidia Fridman ne era l’interprete di vibrante cadenza drammatica. Muti, da par suo, leggeva la sinfonia iniziale con una concitazione di palpitante vitalità.
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Corriere Adriatico