MILANO – «È una specie di compressione, arrivava dagli anni di piombo, perché se non dicevi certe cose eri morto, e lui si buttò con il pensiero,...
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«Allora i dischi si facevano tutti insieme in studio – ha osservato ancora Ron – Del resto anche i dischi di Battisti e degli anni ’70 nascevano così: Lucio ha fatto l’80% del risultato finale, con le sue idee, e noi cercavamo di seguirlo in presa diretta, e si sente che non andiamo tutti insieme ma viene un’onda diversa». Questa ripubblicazione esce in due versioni, quella cd e quella vinile, entrambe con cd bonus comprendente 7 brani dal vivo e libretto di 40 pagine. «Non gliene è mai fregato niente di essere un cantautore perché era un musicista a tutto tondo – ha confessato Ron – Faceva tutto con grande determinazione e grande libertà, ed era facile litigare con lui perché era esigentissimo. Ricordo che nello studio della Rca a Roma il problema ero io perché la chitarra non gli arrivava nel modo giusto».
Ron ha poi raccontato alcuni aneddoti.
«Aveva un suo credo, molto forte e decideva lui quando distaccarsene – ha rivelato – Lui a messa ci andava e se il sacerdote in chiesa faceva una omelia stupida, se ne andava via: era fatto così, giusto. Nel brano che dà il titolo al disco ho suonato le chitarre acustiche di 6 e 12 corde, davo dei colpi alla cassa e alle corde, come in ‘Harvest ‘di Neil Young: ai cori sembravamo 4 ubriachi. In ‘Quale allegria’ c’è un Dalla più sintetico, meno sperimentale, con una melodia bellissima: è una ballad e vi ho suonato chitarra acustica e pianoforte, con il coro delle tre coriste romane Babaiaga. In ‘Disperato erotico stomp’ mi venne fuori una specie di reggae, era benedetto, un momento di grazia. Il suo pubblico si incavolò per il successo di “Attenti al lupo” che lo prese come un tradimento, e in ‘Caruso’ Lucio ci ha messo tutta la sua passione».
Lo storico press-agent Michele Mondella ha raccontato alcuni aneddoti su questo disco. «Gli chiesi di dirmi la verità su ‘Quale allegria’ – ha sostenuto – Mi rispose che l’aveva scritta una settimana dopo che era morta sua madre: grande. ‘Cucciolo Alfredo’, invece, in concerto aveva una impressione più forte che sul disco: era un vero visionario perché anticipava l’immigrazione. Scrisse 8 brani per questo disco e ognuno era una storia immaginata e vissuta allo stesso tempo».
Samuele Bersani fu scoperto da Dalla ed era a stretto contatto con lui. «Non fu un grande successo subito questo disco, tanto è vero che gli tiravano verdure ai concerti, insomma un fiasco – ha fatto notare – Era ostinato, progressivo, originale e in ‘Cucciolo Alfredo’ lanciò delle chiavi di casa per terra e ne fece dei suoni che utilizzò: lo faceva con entusiasmo quasi adolescente. In ‘Corso Buenos Aires’ c’è l’aspetto teatrale che non sempre ha ripetuto».
Anche il chitarrista Ricky Portera ha dato il suo contributo. «Si divertiva a cantare ‘Disperato erotico stomp’, soprattutto a una cena di gala, con le frasi un po’ pesantine che facevano arrossire le signore, anche se poi la cantavano – ha commentato – Del resto quando un brano lo cantano con te, vuol dire che hai fatto centro». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico