GROTTAZZOLINA - Arriva il ciclone swing di Paolo Belli e la sua Big Band. Questa sera a Grottazzolina, in piazza Umberto I, in occasione dei festeggiamenti per la Beata...
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Mai stato al Jamboree, nemmeno da turista?
«Da turista sì, in incognito. Sono venuto a vedere gli Stray Cats. Un concerto fantastico. Ma su quel palco vorrei andarci da musicista. Lo dico pubblicamente: invitatemi con la Big Band, non ve ne pentirete».
Come le è venuta questa passione per lo swing?
«Non saprei, non sono figlio di musicisti. Quindi non ho ereditato una passione o una discografia sul genere. Ma da quando ero piccolino ho sempre avuto quest’attrazione irresistibile per lo swing. Era nel mio dna, ed è esploso crescendo».
Ma prima dello swing, nella sua vita, c’è stato il funk. Che fine ha fatto?
«In me vivono due anime. E infatti con i Ladri di Biciclette scrissi “Dr Jazz & Mr Funk”. Da una parte la disciplina del jazz e dall’altra la libertà e la ribellione del funk. Come si suol dire: “si nasce incendiari e si muore pompieri”. Ecco, dall’anima ribelle del funk mi sono poi avvicinato alle radici jazz e allo swing».
Quindi da una band ad una big band. Quali differenze ha trovato?
«È proprio nella disciplina la differenza principale. Un’orchestra con una sezione ritmica e una sezione fiati ha bisogno di essere guidata con precisione e rispetto. Nel senso che tutti gli strumenti devono rispettarsi reciprocamente, soprattutto nelle pause. E’ come un viaggio in mare in cui tutti remano verso la stessa parte, ma ciascuno sa quando deve lasciare spazio all’altro».
E il pubblico?
«È l’elemento principale dello spettacolo. Ad ogni concerto vorrei scendere dal palco ed abbracciarli tutti. Lo swing è ritmo allo stato puro. Ma senza un pubblico che danza ed entra in sintonia con l’orchestra, la magia non ci sarebbe. Io sono eternamente grato al mio pubblico».
Ma anche alla tv, no?
«Assolutamente sì. Non smetterò mai di ringraziare Giorgio (Panariello, ndr) e Milly (Carlucci, ndr) per aver creduto, tanti anni fa, in questo mio progetto con l’orchestra. Se non fosse stato per loro oggi non sarei qui, probabilmente. La tv, però, occupa 100 giorni dell’anno. Gli altri 200 sono concerti in tutto il mondo. E la magia si perpetua».
Si sente un po’ una colonna portante dello swing contemporaneo?
«Non lo so, io amo ciò che faccio e il pubblico ama i nostri spettacoli. Posso dire, però, che nel mondo ci sono solo due big band sulla piazza da 20 anni con la stessa formazione. Una è la Brian Setzer Orchestra, e l’altra siamo noi. Questo sì che è un primato, e ne vado tremendamente fiero».
Trova che sia ancora attuale lo swing?
«Assolutamente sì. Anzi, si re-inventa continuamente. Basti pensare all’avvento dell’elettroswing. Ma anche la tradizione originale continua ad appassionare anche i più giovani. Lo swing piace ai bambini e agli adulti. E’ musica popolare che fa parte anche della cultura italiana. E’ estremamente trasversale. Non morirà mai». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico