Da Ancona iniziò la grande avventura anarchica-teatrale di Giorgio Albertazzi

Danilo Tornifoglia e Giorgio Albertazzi
ANCONA - Non gli piaceva farsi intervistare, ma era solo apparenza: burbero all'inizio, affabulatore poi. La morte il 28 maggio, il 29 l'ultimo saluto a Giorgio...

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ANCONA - Non gli piaceva farsi intervistare, ma era solo apparenza: burbero all'inizio, affabulatore poi. La morte il 28 maggio, il 29 l'ultimo saluto a Giorgio Albertazzi, 92 anni passati controcorrente.


L'ultima volta che lo abbiamo visto nelle Marche è stato nel 2014 alle Muse dove aveva portato il Mercante di Venezia. La sua presenza riempiva il palcoscenico e le quattro serate di rappresentazioni come sempre erano sold out. Nelle Marche veniva spesso, sia per portare i suoi lavori che come ospite.

Ma era con Ancona che aveva un rapporto privilegiato. E ogni volta che veniva non mancava di sedersi al desco di Danilo Tornifoglia (recentemente scomparso) in quell'Osteria Strabacco che lo vedeva sciogliersi dopo un buon bicchiere di vino. Il ricordo vola. Pacca sulle spalle, ti guardava dritto negli occhi, sempre pronto alla sfida. «Novanta (gli anni) è numero - dice - Non temo la morte. È una compagna di vita. Sai che c'è. Ma non bisogna lasciarsi influenzare. La gente viene a vedermi a teatro pensando "che potrebbe essere l'ultima volta"». Si fa pensieroso. Poi gesticola. Alza il braccio. Allunga la mano. Distende il dito a indicare un punto sul soffitto del locale. Ma dalle labbra non esce nulla. Questa è l'immagine che ci è rimasta impressa e il repentino sorriso nel tornare a fissarci.

«Sono felice di essere ad Ancona, un luogo per me importante, dove ho parenti, dove amo sempre tornare a vedere la zona del Passetto, dove ho fatto nel primo dopoguerra significative conoscenze ed esperienze artistiche. Due su tutte: quella con Giovanbattista Titta Foti, dirigente anarchico di primo piano, con il quale proprio ad Ancona ho messo in piedi il primo teatro anarchico italiano, e quella con l'attrice e soubrette Silvana Blasi, anconetana di nascita, la quale ebbe pure una parte nello spettacolo con Foti. Non fu facile trovare i soldi per metterlo in scena: lui era un formidabile giocatore di poker e si diede da fare in quel campo; io mi improvvisai venditore di pellicce che piazzavo nei casini della città. Lo spettacolo non andò bene, ma non si può dire che la nostra scelta anarchica non fosse innovativa, a quei tempi. Era l'ultimo anno di guerra ed ero stato chiamato alle armi, nella Repubblica Sociale. Poco tempo dopo si sfasciava tutto. E in quell'inverno ho scoperto Ancona. Dopo un anno mi hanno arrestato per collaborazionismo militare. Due anni di carcere». E lo sguardo per un attimo si abbassa. Ma solo un breve calar di palpebre.
 

Per poi riprendere: «Le Cave di Sirolo, i teatri e gli amici. Belle le Marche. Belli i marchigiani». E le donne? Il sorriso si allarga. Pacca sulla spalla. E' tardi. Danilo funge da custode, non vuole che il Maestro si stanchi… Chissà ora quante ne avranno da dire. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico