Dalle favole di Gianni Rodari ai giochi. Ecco come viaggiare con la mente

Il gioco del Monopoli
FABRIANO - La privazione della libertà coincide con una detenzione a tutti gli effetti, come succede ai carcerati. Costretti a casa per evitare il pericoloso contagio dal...

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FABRIANO - La privazione della libertà coincide con una detenzione a tutti gli effetti, come succede ai carcerati. Costretti a casa per evitare il pericoloso contagio dal Coronavirus, ci regaliamo un modo per viaggiare mentalmente, come fece Xavier de Maistre, scrittore e militare francese in un celebre libro: un viaggio sentimentale in un ambiente quotidiano, quello che più ci appartiene. 


Riscoprire la casa, i suoi angoli toccati con le mani di bambino, la carta da parati gialla e a fiori che un vicino incollò negli anni Settanta, le fessure tra una mattonella e l’altra che mio padre aveva notato qualche anno fa all’entrata del bagno. Riaprire un libro ingiallito, sistemato per caso in uno scaffale e un sussidiario di quando andavo a scuola, mai buttato, il vocabolario d’inglese che fa sempre comodo. Mettere mano alle federe, alle lenzuola, riordinare i cassetti, gli indumenti dell’inverno, quelli della primavera, confusamente, non sapendo come dividerli. 
I libri sono ovunque, suddivisi in scomparti: nelle mensole, nelle scansie, nei mobili, nella libreria della sala, la più grande. Ci parlano, sono voci mute che attendono la scoperta delle parole scritte sfogliando le pagine stampate, dei personaggi animati nel silenzio di un rettangolo, di uno spazio e di un tempo che fanno muovere anche il lettore, nel passato e nel futuro di un’avventura normale eppure straordinaria. Con un libro possiamo raggiungere l’Inghilterra di William Wordsworth e gli Stati Uniti di Robert Frost. Ho sotto mano la Francia di Charles Baudelaire, la Roma di Pier Paolo Pasolini, l’isola di Procida di Elsa Morante e Ancona, la città del poeta Franco Scataglini. 
Ritrovo Favole al telefono di Gianni Rodari, con i palazzi di gelato e le strade di cioccolato. All’inizio lo scrittore ricorda che quando si trovava lontano da casa, per sentirsi più vicino a sua figlia, la chiamava ogni sera e le raccontava una favola. Ora, al tempo del Coronavirus, l’idea è stata ripresa da più associazioni per la contentezza dei bambini che possono comporre un numero telefonico e farsi raccontare una storia. Sui canali televisivi danno i numeri dei contagiati nelle Marche, che sono in aumento. Si raccomanda alla popolazione di restare in casa, di uscire solo in caso di necessità. 


Mio nipote Federico smania e si diverte con i giochi al cellulare, in particolare il puzzle game, il cui scopo consiste nell’unire le caramelle dello stesso tipo e completare i livelli rispettando il numero massimo di mosse previsto. Oppure l’Happy Glass, in cui bisogna far scorrere l’acqua dentro un bicchiere senza farla cadere. Negli anni Settanta c’era il Monopoli, gioco da tavolo con un tabellone su cui venivano stampate le caselle divise in varie vie, corsi e imprese societarie, nonché le caselle cosiddette delle probabilità e degli imprevisti, la prigione e la casella del via. Si giocava con due dadi, le carte dei contratti e i soldi stampati, mentre fuori, in inverno, faceva buio quando incominciavano i programmi per ragazzi in tv. La casa, una sola casa. “Si lasciano mai le case dell’infanzia? Mai: rimangono sempre dentro di noi, anche quando non esistono più, anche quando vengono distrutte da ruspe e bulldozer”, ha detto il regista turco Ferzan Ozpetek. La casa è il luogo dell’anima, in cui l’ospite sei sempre tu, depositario che sceglie una residenza che non tradisce, che accoglie, custodisce, sorveglia, protegge. Mia madre prepara la crostata con la marmellata di albicocca usando la pasta frolla e nella ciotola versa il burro aggiungendo lo zucchero a velo. La casa è un appuntamento con il cibo e un buco da riempire con la memoria, che ci dà l’impressione di diventare meno vulnerabili tra le nostre insostituibili, calde pareti. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico