Dente con “Hotel Souvenir” al Teatro Annibal Caro di Civitanova: «Canto me stesso, i miei ricordi»

Dente con “Hotel Souvenir” al Teatro Annibal Caro di Civitanova: «Canto me stesso, i miei ricordi»
CIVITANOVA - Farà tappa domani, mercoledì 21 giugno, alle ore 21,15, al Teatro Annibal Caro di Civitanova il tour di Dente, al secolo Giuseppe Peveri. Il...

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CIVITANOVA - Farà tappa domani, mercoledì 21 giugno, alle ore 21,15, al Teatro Annibal Caro di Civitanova il tour di Dente, al secolo Giuseppe Peveri. Il cantautore emiliano di nascita e milanese d’adozione presenterà il suo nuovo lavoro “Hotel Souvenir”, in un concerto inserito nella programmazione del Civitanova Film Festival. 

Dente, come mai questo nome?
«È venuto naturale, è un soprannome che mi riporto da piccolo». 
Il tour è agli inizi, quali sono le sensazioni? 
«Abbiamo fatto già cinque date nei club mentre ora, per i concerti estivi, stiamo studiando una nuova scaletta, un po’ rimescolata, lo stiamo facendo in questi giorni. È bello, comunque, essere in tour con la band, cosa che non facevo dal 2019, perché poi è successo quello che tutti sappiamo bene». 
Nuova scaletta, quindi, a Civitanova? 
«Sì, sarà la prima volta della nuova versione, ma non sarà troppo diversa. Cambierò un paio di canzoni, quelle forse più “intime” del disco e metterò altri miei brani, pezzi più estivi per intenderci, un po’ più ritmati».
Il velo di malinconia che la contraddistingue c’è ancora nel disco?
«C’è, la malinconia non mi abbandona mai. Non so dirle però se purtroppo o per fortuna. I live sono importanti perché aiutano a dissolvere, davanti al pubblico, la malinconia, anche con un pizzico di ironia». 
Cosa canta in “Hotel Souvenir”?
«Canto me stesso, e dialogo con me stesso, racconto i miei ricordi, ma a differenza del passato, li vivo, non li tratto con nostalgia. In questo disco inizio a dialogare con la parte passata di me e con chi non c’è più nella mia vita».
Quasi a superarla?
«Sì certo, un po’ capita, quando si apre il dialogo con sé stessi, c’è quasi una distensione, e ci sono ancora i miei temi cari, come il tempo che passa». 
Si riesce ancora a fare musica indipendente? 
«La musica indipendente? Non so nemmeno se esiste più, non è un genere ma una condizione. Anni fa quando ho cominciato a comporre, l’indie era questo, una condizione, e pubblicavi con etichette indipendenti. Oggi pure l’indie passa dalle multinazionali, che sono un po’ ovunque, anche in distribuzione. Le realtà indipendenti ormai sono pochissime, molto piccole. Gli artisti sono quasi relegati al fai da te, e purtroppo non hanno molto spazio».
Cosa sono per lei la musica e le canzoni?
«Sono tutto. La musica mi ha salvato la vita, non solo come autore, ma anche come ascoltatore, prima che iniziassi a scrivere. La musica mi ha insegnato ad affrontare alcune situazioni della vita».
Cosa ascolta? 
«Ultimamente sono un po’ distratto come ascoltatore: c’è troppa musica, molto accessibile e di breve durata. Quando sono a casa, ascolto solo musica strumentale, perché quella cantata, soprattutto se in italiano, mi attira, mi distrae e poi non riesco a fare quello che devo». 
C’è qualcosa che ancora non ha cantato, ma medita di fare?

«Non ho mai pensato a questo finora, perché di solito quando scrivo il brano mi esce naturale, è difficile che io dica “ora mi metto a scrivere di…”». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico