OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Un personaggio da riscoprire, il fabrianese Sirio Bellucci, cui l'Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche dedica una mostra alla Galleria Puccini di Ancona, in Via Matteotti n. 31/A. Nel ciclo espositivo “Aspetti dei linguaggi espressivi dell’arte contemporanea”, risalta questo artista, di cui quest'anno si celebra, a dieci anni dalla morte, il centenario della nascita.
La figura dell’artista
La sua figura, rievocata in catalogo dal curatore della mostra, il critico e storico dell'arte Francesco Maria Orsolini, è di quelle che meglio identificano il carattere e la fisionomia di chi, dalle Marche, terra per tanti ingrata, ha esplorato il panorama nazionale, per poi tornare alle radici. Attratto dalla ricerca dell’arte contemporanea, frequentò i galleristi Sergio Cicconi e Pio Monti, l’ambiente artistico romano e i suoi protagonisti: Man Ray, Emilio Prini, Mario Merz, Jannis Kounellis, Gino De Dominicis.
L'omaggio
All'Amia, e a Francesco Orsolini, va riconosciuto il merito dell'omaggio che gli viene tributato. La mostra, grazie alla collaborazione con l'istituzione Trust/Sirio Bellucci di Fabriano e con collezionisti privati, ci restituisce i capisaldi della sua produzione. Accanto a opere del ciclo delle “Macchie” e di “Giallo/Nero”, risaltano le “combinazioni favolose”. «Lo sdoppiamento percettivo – scrive Orsolini in catalogo - che si prova di fronte ai prevalenti fondi neri di Sirio Bellucci è compreso tra il senso di un gravare scuro e opprimente e il senso di leggerezza della figurazione, colta in un’attesa di evaporazione per i segni chiari e luminosi che la definiscono... La pittura della maturità di Sirio Bellucci è un’autobiografia, una scrittura per immagini che risalgono da una personale profondità della vita. Questa scrittura porta alla luce figure e storie... inattuali, e che riemergono come fossili dal nero dei quadri, il nero di un pozzo senza fondo e di una miniera labirintica». Bellucci, riconoscibile in ogni opera dell'ultimo periodo, in cui la figura dalla sciarpa rossa, presente in tanti quadri, «si cala come una sonda in questa oscurità, la stessa che l’ha generato, getta lumi e barlumi con chiare, colorate, a volte ironiche, intenzioni estrattive. Così appaiono nei dipinti combinazioni “favolose”, una parola che l’artista amava molto».
Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico