I sogni una finestra sulle nostre emozioni nascoste, ma restano un grande mistero per la scienza

Anna Maria Morsucci
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ANCONA - «Ho fatto un brutto sogno. Mi sento a pezzi!», «Era un sogno così bello che non avrei proprio voluto svegliarmi». Tutti noi sogniamo anche se la maggior parte delle volte non lo ricordiamo. La scienza non ha ancora compreso a fondo perché siano indispensabili al nostro sistema nervoso, né quali funzioni cerebrali li generino. La psicologia vi ripone un grande significato, considerandoli una finestra sulle nostre emozioni nascoste ma i sogni rimangono tra i fenomeni più misteriosi. Due cose sembrano assodate: che tutti sogniamo, per un paio di ore a notte che i contenuti dei nostri sogni, per quanto bizzarri e sorprendenti, hanno origine dentro di noi.


La visione antica
Nell’antico Egitto, presso i Sumeri e nella Grecia classica si riteneva che i sogni fossero canali di comunicazione tra il nostro mondo e “l’Altro”, quello delle divinità celesti o infere. I fedeli ricorrevano alla sapienza di particolari sacerdoti per decifrarli. Nella cultura giudaico-cristiana e nell’Islam i sogni erano considerati reali manifestazioni della voce divina, ma nel Medioevo cristiano assunsero via via connotati inquietanti, ambigui, e iniziarono a essere visti come suggestioni diaboliche. Le credenze popolari continuano sino a oggi ad attribuire un grande valore predittivo alle immagini oniriche, e assegnano loro, come nella famosa smorfia napoletana, un simbolismo universale e oggettivo. Con la nascita della psicanalisi, i sogni divennero ma espressione dei nostri desideri inconsci. Ciò che accomuna, tuttavia, la concezione antica e quella moderna del sogno è dunque il considerarlo una “porta”, un passaggio verso uno spazio prezioso e ricco di informazioni, che si rende accessibile nel momento di maggiore incoscienza e rilassatezza, quando è più basso il controllo che possiamo attuare sui nostri processi mentali. In queste condizioni, quindi, ci è consentito affacciarci su un mondo, che sia quello ultraterreno o quello del nostro inconscio, dal quale possiamo ottenere una nuova e più profonda conoscenza. Dalla seconda metà del secolo scorso si è posta sempre maggiore attenzione allo studio dei meccanismi neurofisiologici dei sogni, ma è rimasto un po’ ai margini della ricerca il tema del loro significato psicologico; è quest’ultimo, infatti, ad avere il maggiore interesse nella vita di tutti i giorni, perché può aiutarci a utilizzare i sogni come una guida per conoscere meglio la nostra mente e le nostre emozioni.
Memorie, desideri, paure

Di che materiale sono composte dunque le immagini che sogniamo? Per una grande parte dalle memorie e dai ricordi, recenti o remoti, che utilizziamo per tessere una trama, per ambientare le situazioni o fornire i personaggi alle nostre scene. Non sono in genere ricordi neutri, ma emotivamente significativi. I sogni sono poi intessuti di rappresentazioni di desideri, anche quelli più nascosti e inconfessati, che nelle fantasie notturne siamo liberi di vivere in modo anche estremo. Da ultimo, soprattutto gli incubi risentono dei nostri timori, alcuni dei quali già conosciamo, mentre di altri a volte non siamo consapevoli. Ma perché ci roviniamo le nottate con fantasie tristi, angoscianti, spaventose? Probabilmente la nostra psiche così facendo riesce a esprimere e inscenare le nostre paure in modo più controllato che nella realtà, e si “allena” ad affrontarle per quando, eventualmente, dovesse fronteggiarle dal vivo. Per ciò che riguarda i sogni che riteniamo premonitori, essi sono per la maggior parte l’espressione notturna del nostro intuito, che ci consente previsioni sorprendentemente accurate, cogliendo indizi e nessi che durante lo stato di veglia ci erano sfuggiti o avevamo tralasciato come non rilevanti. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico