Portonovo 60 anni fa fu il set di due pellicole, esordì come aiuto scenografo Ferretti e c'era l'anconetano Carlo Bernardi tra le comparse

Portonovo 60 anni fa fu il set di due pellicole, esordì come aiuto scenografo Ferretti e c'era l'anconetano Carlo Bernardi tra le comparse
ANCONA - Sessanta anni fa, nel 1962, due pellicole uscirono nelle sale di tutta Europa con Portonovo in primo piano. Salvo che nel film “Le prigioniere dell’Isola...

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ANCONA - Sessanta anni fa, nel 1962, due pellicole uscirono nelle sale di tutta Europa con Portonovo in primo piano. Salvo che nel film “Le prigioniere dell’Isola del Diavolo”, la location marchigiana rappresentava un’isola della Guyana francese e nel “Giustiziere dei mari”, la costa australiana. In ambedue, il regista era Domenico Paolella, la protagonista, agli esordi, Michele Mercier (l’indimenticabile Angelique) e l’aiuto scenografo il premio Oscar Dante Ferretti per conto del maestro Aldo Tomassini Barbarosso.

 

Il primo falso d’autore

Fu il suo primo “falso d’autore” poiché trasformò in un villaggio sul mare, con l’aiuto di palme finte, i ricoveri per le barche dei pescatori, sfruttò il lago Profondo e il lago Grande come zone paludose, le spiagge del Passetto e di Portonovo, la Torre di Guardia e il Fortino Napoleonico come fondale di luoghi lontani. L’anconetano Carlo Bernardi questi due film se li ricorda bene. Era tra le comparse e come tanti altri giovani, ogni giorno di quel magico anno del 1961, saliva sui due galeoni che salpavano dallo scalo dorico per la rada di Portonovo. In realtà erano motovelieri da carico, il Creusa e l’Azalea, trasformati da artigiani e dalle maestranze del Carnevale di Viareggio. «Avevo solo 21 anni e dovevo andare a fare il militare, nell’attesa partecipai ai due set». Racconta che le riprese durarono quattro mesi, che la paga non era male, 1500 lire al giorno, e la riscuoteva in un botteghino alla Fiera della Pesca dove si presentava alle 6 della mattina per il trucco e i costumi. «In un film ero un pirata e nell’altro una guardia carceraria. È in quel film che c’è un mio primo piano. Due ore di trucco per essere ammazzato subito dal protagonista Richard Harrison, un americano alto due metri». Una scena non facile, filmata più volte dove Carlo cadde e si ferì al labbro. «Harrison mi cercò sui set l’indomani addirittura per assicurarsi che non c’erano state conseguenze». Carlo fu pirata, guardia e pure prigioniero. «Le scene dei lavori forzati sono state girate in una cava di pietra vicino al Monte Conero dalla parte di Sirolo. Era il mese di novembre ed eravamo a torso nudo. Per ripararci dal freddo ci cospargevano di olio». 

La gioventù audace

Nel suo racconto emerge una gioventù audace, fiduciosa nel futuro, sedotta ma non ammaliata dal cinema. «Per noi era solo un’opportunità, non un’aspirazione di entrare a Cinecittà. L’occasione anche di fare delle belle amicizie. Ero entrato nella cerchia degli stuntmen, tutti di Brescia. Anni dopo, uno venne a casa mia come ospite». Interessante è la sua riflessione sull’assenza di donne del posto tra le comparse. «Ancona, in quegli anni, non era come la vicina città di Pesaro che beneficiava dello spirito della Romagna. Da noi, le donne erano molto più defilate, anzi – si corregge – erano meno libere». Dopo una vita in Autostrada Italia, Carlo oggi ottantunenne, guarda le poche fotografie che ha di questa pagina di vita davanti alla cinepresa. «È stata – conclude - un’esperienza bella che ti rimane dentro». 

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Corriere Adriatico